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L’anno delle animalìe – Spariscono le rane europee, arrivano le oche del Canada, le news sulle flatulenze dei dinosauri e molto altro

where Milano when Ven, 28/12/2012 who roberto

Come ogni fine d’anno, e-gazette ti propone il “best” delle “animalìe” che abbiamo pubblicato. Qui di seguito trovi le news più interessanti e bizzarre dal mondo animale uscite nel corso del 2012

Le specie invasive causano danni per 12 miliardi all’anno – “Il costo dei danni causati da specie invasive al nostro capitale naturale è valutato in 12 miliardi di euro ogni anno. È giunto il momento di trovare una risposta politica efficace a questa crescente minaccia”. Lo ha detto Janez Potocnik, commissario Ue per l’Ambiente.
Ad oggi nell’ambiente europeo sono state rilevate oltre 11mila specie esotiche e di
queste una percentuale che varia dal 10% al 15% è divenuta invasiva. Le misure in vigore per evitare la penetrazione e la diffusione di queste specie sul nostro territorio sono frammentate e insufficienti. La Commissione sta cercando di colmare questa lacuna con un approccio che corrisponde a quello proposto dalla convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica. Insomma, come ha ricordato Potocnik, l’attuale diffusione nel nostro ambiente di specie come le oche del Canada, la rana toro americana, il poligono del Giappone, l’alga marina Caulerpa, “costituisce una minaccia per la fauna e la flora autoctone, oltre a causare notevoli danni all’ecosistema e alla biodiversità”.
Curiosa, tra le altre, la situazione in Antartide. L’ambiente incontaminato rischia infatti di essere modificato da piante “clandestine” importate da inconsapevoli turisti con i semi intrappolati in abiti e borse. Come riportato da uno studio pubblicato sulla rivista dell’Accademia delle scienze degli Stati Uniti, Pnas, tra il 2007 e il 2008 sono state oltre 2.600 le piante estranee arrivate nel continente bianco. Una quantità che, secondo i modelli, sarebbe in grado di modificare l’ecosistema entro il 2100.

Studio (molto) british: nel Mesozoico faceva caldo a causa delle flatulenze dei dinosauri – I giganteschi dinosauri potrebbero avere riscaldato la Terra con la loro flatulenza: un modello matematico ha calcolato che circa 150 milioni di anni fa questi enormi rettili avrebbero emesso una quantità di metano talmente grande da alterare il clima. È quanto sostiene uno studio pubblicato sulla rivista “Current Biology” dai ricercatori britannici della Liverpool John Moores university, dell’università di Saint Andrews e da quella di Londra.
L’analisi si è concentrata sui sauropodi, che potevano raggiungere anche quaranta metri di lunghezza, dall’insolito collo allungato. Come le mucche, questi enormi erbivori vissuti circa 150 milioni di anni fa ospitavano nel loro apparato digerente microrganismi che li aiutavano nella digestione, facendo fermentare le piante che mangiavano. L’effetto collaterale di questo processo è stata la produzione di grandi quantità di metano. Per riuscire a calcolarla i ricercatori hanno elaborato un modello matematico dal quale risulta che “i microrganismi hanno prodotto abbastanza metano da influenzare il clima del Mesozoico”, come ha osservato uno degli autori della ricerca, Dave Wilkinson. I calcoli suggeriscono una produzione di metano superiore a tutte le moderne fonti sia naturali, sia industriali, messe insieme.
Un sauropode di medie dimensioni pesava qualcosa come 20 tonnellate e, considerando che poche decine di individui occupavano circa un chilometro quadrato, i ricercatori hanno stimato che le emissioni globali di metano di questi animali devono essere state circa 520 milioni di tonnellate per anno. Per capirci, nello stesso lasso di tempo i moderni ruminanti come mucche, capre e giraffe, producono emissioni comprese fra 50 e 100 milioni di tonnellate.

Il clima pazzo fa estinguere le rane – I cambiamenti climatici, la distruzione dell’habitat, l’inquinamento e le specie invasive sono tutti fattori responsabili della crisi globale che riguarda il declino e l’estinzione degli anfibi: è quanto rivela una nuova ricerca, secondo la quale gli animali vertebrati più vecchi dei dinosauri soccombono sempre più spesso a causa di malattie infettive.
Gli anfibi – la classe dei vertebrati cui fanno parte le rane e le raganelle, per esempio – sono sempre stati terreno fertile per un’ampia gamma di organismi infettivi, tra cui virus, batteri e funghi, hanno spiegato gli scienziati in una relazione pubblicata sul “Philosophical transactions of the Royal Society”. Negli ultimi decenni, tuttavia, questo tipo di malattie ha assunto un ruolo predominante nella morte degli animali. A causa di numerosi stress, molti provocati dall’uomo, gli anfibi ora muoiono per virus da cui in passato erano immuni o comunque in grado di tollerare. L’attuale tasso di estinzione degli anfibi potrebbe così aumentare di duecento volte.
“Ci sono prove sempre maggiori – commenta Andrew Blaustein della Oregon State University – che le malattie giochino un ruolo chiave nell’attuale crisi della biodiversità, sia negli anfibi che in altri animali”.

L’India fa la conta dei coccodrilli del Gange – Le autorità indiane hanno deciso di contare i coccodrilli che infestano il delta del Gange, nello stato orientale del West Bengala. Un censimento sarà infatti condotto nelle prossime settimane, come riporta “The Pioner”, il quotidiano di Calcutta, precisando che “si tratta del primo esercizio di questo genere”.
Mentre esistono delle stime sul numero di tigri che vivono nelle foreste di mangrovie, nessuno sa quanti siano i coccodrilli, ha ricordato un responsabile del servizio forestale indiano che, insieme a un team di trenta esperti ed ecologisti, coordinerà l’operazione che consiste nel setacciare in barca fiumi e paludi a “caccia” del pericoloso rettile. “L’avvistamento è possibile solo in questo periodo dell’anno, quando la temperatura dell’acqua scende al di sotto dei venti gradi e i coccodrilli preferiscono uscire sulla terraferma per mettersi al sole”, spiega Pradeep Vyas, direttore della Sundarbans biosphere reserve. La regione del Sundarbans, celebrata del romanzo “Il paese delle maree” di Amitav Gosh, è patrimonio dell’Unesco essendo la più grande foresta di mangrovie al mondo. Ma ogni anno decine di persone, soprattutto pescatori di gamberetti, sono uccisi da tigri e coccodrilli che popolano l’immenso delta condiviso da India e Bangladesh.

Nello stop alla caccia alle foche l’Europa trova alleati a est – Le foche ora potranno applaudire: non sbattendo le pinne sulla pista di un circo, in attesa del boccone-premio, ma nel loro habitat naturale. Già, perché Russia, Kazakistan e Bielorussia hanno scritto la parola fine all’esportazione e all’importazione delle loro pellicce, in particolare di quelle della specie “arpa” (chiamate così per la chiazza sulla schiena degli esemplari maschi, simile allo strumento musicale, nome scientifico Pagophilus groenlandica), quelle più direttamente minacciate dalla caccia praticata in maniera estensiva in Canada.
La scelta recepisce il veto espresso dall’Unione europea nel 2009 ed è in sintonia con la volontà dell’ex presidente russo, Vadimir Putin, di opporsi “all’industria sanguinaria” – per usare le sue parole – praticata anche nel nordovest del mare di Barents. Il Canada, dove la caccia è consentita malgrado la censura internazionale, rimane così sempre più isolato.

Clima: uccelli e farfalle fuggono dall’Europa – Gli uccelli e le farfalle in Europa stanno scappando dai cambiamenti climatici, ma sono troppo lenti e sono rimasti indietro di oltre cento chilometri. Lo ha dimostrato uno studio dell’università olandese di Wageningen.
I ricercatori hanno analizzato i cambiamenti nelle popolazioni di quasi 9.500 comunità di uccelli e 2.130 di farfalle cercando di determinare come queste si muovono verso nord spinte dalla ricerca di habitat più vicini a quelli ottimali. “Non sappiamo quali possono essere le conseguenze a lungo termine di questa differenza”, scrivono gli autori della ricerca.

Sotto minaccia uno squalo su tre – Circa un terzo di tutte le popolazioni europee di squalo sono classificate come specie “minacciate”. Così risulta dalla “lista rossa” dell’Unione internazionale per la conservazione della natura, Iucn. In questa infelice lista ci sono spinarolo, smeriglio, squalo angelo, mako a pinna corta e squalo martello, oltre a diverse specie di acque profonde e razze. I dati arrivano dall’Ispra, l’istituto italiano per la protezione ambientale, che ha organizzato a Milano il 16esimo congresso della European elasmobranch association (Eea), la società scientifica che riunisce tutti gli esperti e specialisti europei di squali e affini, proprio mentre su questo scenario arriva il via libera al regolamento salva-squali. Il parlamento europeo ha infatti approvato a larga maggioranza una risoluzione che vieta tutte le deroghe al finning, la pratica che consiste nel tagliare le pinne dello squalo per poi gettarne il corpo in mare.
Nel 2009, secondo la Fao, i pescherecci europei hanno sbarcato 112.329 tonnellate di squali e razze da tutto il mondo e la maggior parte delle catture ha riguardato la verdesca. Al primo posto la Spagna (62.158 tonnellate), seguita da Francia (19.498), Portogallo (18.614), Regno Unito (5.113), Belgio (1.952) e Italia (1.696).

Il pesce robot salva i compari di branchie dall’inquinamento – Inquinamento marino? Insidiose e irregolari campagne di pesca? Da oggi i pesci possono essere salvati da un pesce-robot, realizzato e sperimentato con successo dai ricercatori dell’Istituto per l’ambiente marino costiero del Consiglio nazionale delle ricerche di Oristano (Iamc-Cnr), in collaborazione con l’Istituto politecnico della New York university (Nyu-Poly), che hanno anche testato la reazione comportamentale dei pesci alla sua presenza.
I risultati dello studio hanno dimostrato che, in determinate condizioni, il robot viene accettato come un leader dai pesci reali, che lo seguono nei suoi movimenti.

Ecomafie, 19 miliardi di dollari nel commercio illegale della fauna – Un giro d’affari di oltre 19 miliardi di dollari all’anno, che lo pone al quarto posto dopo gli stupefacenti, la contraffazione e il traffico di esseri umani. È il valore mondiale del commercio illegale di fauna selvatica, un business redditizio per la criminalità organizzata che minaccia specie in via di estinzione, mina la sicurezza nazionale, impoverisce le comunità locali e comporta rischi crescenti per la salute globale. Lo denuncia un dossier di Wwf e Traffic presentato a New York in una conferenza degli ambasciatori Onu.
I profitti derivanti dal traffico della fauna selvatica sono utilizzati per l’acquisto di armi, per finanziare i conflitti civili e il terrorismo, si legge nel rapporto “Combattere il traffico illegale di fauna selvatica. Una consultazione con i governi”. In base ai dati, 100 milioni di tonnellate di pesci, 1,5 milioni di uccelli vivi e 440mila tonnellate di piante medicinali sono commercializzati illegalmente ogni anno. Tra i traffici più remunerativi c’è il corno di rinoceronte, che raggiunge i 60mila dollari al chilo.
“I crimini contro la natura sono aumentati in modo allarmante negli ultimi dieci anni e sono sempre più spesso condotti da organizzazioni criminali a livello mondiale, per cui abbiamo bisogno di una risposta globale”, ha detto Jim Leape, direttore generale del Wwf International. “Sono spesso le comunità più povere del mondo a essere danneggiate da questo commercio illegale, mentre le bande criminali e i funzionari corrotti traggono profitto”, ha aggiunto Leape.

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