Ecologia

Denuncia al Tribunale verde indiano, un organismo giudiziario che si occupa di punire reati ambientali

Ogni anno decine di tonnellate di ceneri delle cremazioni e di resti umani sono gettati nel Gange, come suggerisce la tradizione religiosa induista. L’inevitabile risultato è aggravare l'inquinamento del fiume, sacro per milioni di persone. Stando a una memoria presentata dal Gaurav Kumar Bansal di Nuova Delhi, noto esponente ecologista, in una memoria presentata al Tribunale verde nazionale, un organismo giudiziario che si occupa di punire reati ambientali, “corpi umani e animali sono gettati nel Gande da diversi luoghi nell’Uttar Pradesh”. L’avvocato ha presentato anche le fotografie di salme semibruciate che galleggiano nel Gange a Varanasi e ha protestato perché non è stato preso alcun provvedimento per fermare l’usanza di gettare le salme nel fiume.
"Nel solo mese di gennaio 2015 – protesta l’avvocato indiano – più di 100 salme in decomposizione galleggiavano nel Gange vicino a Pariyar tra Kanpur e Unnao”.

Il documento cita anche l'esempio di Benares, la città dei morti, dove nei due ghat delle cremazioni Harishchandra e Manikarnika "sono bruciati circa 32mila corpi all'anno con l'uso di 10mila tonnellate di legna" per le pire funerarie, producendo “circa 300 tonnellate di ceneri che sono buttate nel fiume e che contengono 77 tonnellate di azoto, 48 di fosforo e 6 di potassio". A questo si aggiungono circa 200 tonnellate di resti umani che non si dissolvono con il fuoco e i cadaveri di alcune categorie di persone, tra cui i neonati e le donne incinte. Le qualità organiche dell'acqua ne vengono compromesse e diminuisce la presenza di ossigeno.
 
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