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Il cartello della benzina. Per la magistratura c’era un accordo sui prezzi

where Varese when Mar, 09/04/2013 who roberto

Nel mirino dell’inchiesta, nata da una denuncia del Codacons, ci sono Shell Italia, Tamoil Italia, Eni, Esso, Totalerg, Kuwait Petroleum Italia e Api. Ipotizzati i reati di rialzo e ribasso fraudolento dei prezzi sul mercato, manovre speculative su merci e truffa. L’Unione petrolifera: “Semplici ipotesi investigative da verificare”. L’inchiesta passerà ora da Varese a Milano o Roma

Avrebbero gonfiato i prezzi della benzina in Italia con una serie di manovre speculative, portandoli al livello più alto in Europa: al termine di un anno d'indagine la Guardia di Finanza e la procura di Varese chiudono l'inchiesta sulle compagnie petrolifere aperta dopo un esposto del Codacons in cui si chiedeva di verificare se fossero state compiute operazioni illecite, da parte delle società, nel meccanismo di formazione del prezzo dei carburanti.
Inquirenti e investigatori chiamano in causa Shell Italia, Tamoil Italia, Eni, Esso, Totalerg, Kuwait Petroleum Italia e Api: nei loro confronti vengono ipotizzati i reati di rialzo e ribasso fraudolento dei prezzi sul mercato, manovre speculative su merci e truffa.
Le compagnie avrebbero “compiuto manovre speculative e posto in essere artifici e raggiri consistenti nell'aver volontariamente livellato, concordandoli salvo modesti scostamenti, i prezzi dei prodotti petroliferi alla pompa, in modo da minimizzare le possibilità di minor guadagno derivanti dall'applicazione dei principi della concorrenza sul mercato nazionale, quindi con danno economico di un numero indistinto e indeterminabile di fruitori del servizio, indotti in errore, ma in ogni caso privi di reale possibilità contrattuale nella considerazione che le principali compagnie petrolifere agiscono in regime di oligopolio”. Accuse respinte dall'Unione petrolifera che in una nota sottolinea come dal provvedimento del Gip di Varese “emergerebbero semplici ipotesi investigative che dovranno essere verificate”, e dunque “allo stato ogni affermazione in merito alla presunta esistenza di reati
accertati e del tutto infondata”.
Non sarà però Varese ad occuparsi del prosieguo dell' inchiesta: il Gip Giuseppe Battarino ha infatti dichiarato la propria incompetenza ad esprimersi sull'istanza di sequestro dei documenti e dei bilanci delle compagnie, disponendo l'invio degli atti alle procure di Milano e Roma dove hanno la sede legale le società petrolifere.
“Il Gip - ha spiegato il procuratore di Varese Maurizio Grigo - ha rilevato la sussistenza delle ipotesi di reato e ora altre procure potranno avvalersi del nostro lavoro”.
“Esistono indizi di commissione dei delitti - scrive infatti il giudice - da parte dei legali rappresentanti, componenti dei consigli di amministrazione e dirigenti delle compagnie petrolifere". Ma “le condotte illecite non possono che ricondursi, coinvolgendo scelte aziendali di ordine generale, agli organi rappresentativi e decisionali di primo livello delle società petrolifere coinvolte, che agiscono nelle rispettive sedi legali”.
Nel corso dell'indagine i militari del nucleo di polizia tributaria di Varese hanno preso in esame l'andamento dei prezzi nel periodo gennaio 2011 al marzo 2012. Per accertare i reati sono stati anche esaminati i documenti relativi alle istruttorie aperte dall'Authority per la Concorrenza e il Mercato e dal ministero dello Sviluppo economico. Secondo l'accusa, la causa principale dell'aumento è attribuibile al ruolo rilevante dei fondi di investimento in commodity (materia prime come petrolio, rame, argento, oro) e gli Etf sul petrolio (fondi indicizzati quotati in borsa, in tempo reale, come semplici azioni) che hanno tra l'altro determinato la speculazione da parte delle compagnie, attraverso operazioni finanziarie con strumenti di finanza derivata.

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