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In Europa i Raee gestiti in modo scorretto sono 10 volte di più di quelli esportati

where Milano when Lun, 07/09/2015 who michele

UNU, WEEE Forum, INTERPOL e gli altri partner hanno concluso una ricerca durata 2 anni: il report suggerisce le modalità per applicare con più incisività la legge e monitorare il commercio dei RAEE

rifiutielettroniciraee.jpgLa gestione non corretta dei rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE) in Europa riguarda una quantità 10 volte superiore a quella spedita verso Paesi stranieri senza regolari documenti di esportazione. È quanto emerge da una ricerca – durata circa 2 anni – sul funzionamento del mercato delle apparecchiature elettriche ed elettroniche usate e dismesse.
La ricerca, in pillole - Il progetto Countering WEEE Illegal Trade (CWIT), finanziato dalla Comunità Europea, è stato realizzato da INTERPOL, United Nations University (UNU), gli istituti United Nations Interregional Crime and Justice Research e Compliance & Risks, il WEEE Forum, l’associazione Cross-Border Research e la società Zanasi & Partners. Il progetto ha evidenziato che nel 2012 in Europa solo il 35% (pari a 3,3 milioni di tonnellate, sui 9,5 milioni totali) di RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche – in alcuni casi ancora funzionanti) dismessi da aziende o da privati sono stati intercettati dai sistemi ufficiali di raccolta e riciclo.  L’altro 65% dei RAEE – pari a 6,2 milioni di tonnellate – è stato esportato oppure riciclato in modo ambientalmente scorretto, oppure semplicemente gettato tra i rifiuti indifferenziati. Lo studio ha stimato che 1,3 milioni di tonnellate di apparecchiature elettriche ed elettroniche sono state spedite al di fuori dell’Europa senza adeguati documenti di esportazione: di queste, circa il 30% (400.000 tonnellate) erano RAEE, il restante 70% AEE ancora funzionanti. Ma una quantità 10 volte superiore a quella dei RAEE esportati – cioè circa 4,7 milioni di tonnellate – è invece stata gestita in modo ambientalmente non corretto o commercializzata in modo illegale all’interno dell’Europa. Lo studio sottolinea inoltre come sistemi efficaci di monitoraggio delle performance di rimozione delle sostanze inquinanti e adeguati standard di trattamento dei RAEE non siano pienamente utilizzati neppure negli Stati Europei più avanzati dal punto di vista del controllo ambientale.
La diffusa sottrazione dai RAEE di componenti che hanno un significativo valore economico – come le schede elettroniche o i metalli più preziosi – si traduce in una seria perdita per l’industria legale del riciclo in Europa, stimata tra 800 e 1.700 milioni di euro all’anno. Per contro, i minori costi derivanti dal mancato rispetto delle regole comunitarie (in particolare per quanto riguarda l’eliminazione delle sostanze inquinanti) oscillano tra 150 e 600 milioni di euro all’anno.

Per Pascal Leroy, Segretario Generale del WEEE Forum (l’associazione europea della quale fanno parte i principali sistemi collettivi che si occupano di RAEE): “I RAEE sono la tipologia di rifiuti con il più alto tasso di crescita in tutto il mondo. Il peso dei RAEE che ogni anno in Europa sono gestiti in modo ambientalmente non corretto è pari a quello di un muro di mattoni alto 10 metri che va da Oslo fino in fondo all’Italia. E’ indispensabile estrarre dai RAEE e riciclare nel modo più intenso possibile tutti i metalli e tutti i componenti economicamente interessanti, tra cui le materie prime critiche (come ad esempio le terre rare)”.
Uno studio di United Nations University effettuato lo scorso anno ha evidenziato che nei 41,8 milioni di tonnellate di RAEE che vengono buttati ogni anno nel mondo ci sono sostanze tossiche come piombo (circa 2,2 milioni di tonnellate), batterie (300.000 tonnellate), mercurio, cadmio, cromo e gas ozono-lesivi (CFC, circa 4.400 tonnellate). I potenziali problemi per la salute umana collegati a queste sostanze tossiche vanno dallo sviluppo mentale, al cancro, ai danni epatici e renali.rifiutielettroniciraee1.jpg

Armonizzare le norme - Ricerche nazionali effettuate da INTERPOL mostrano che in media ogni anno solo 2.000 tonnellate (0,5%) dei RAEE esportati al di fuori dall’Europa sono stati intercettati e bloccati nel corso di operazioni di polizia che hanno poi portato a qualche forma di sanzione amministrativa o penale.
Lo studio rivela inoltre che il 30% degli Stati Membri non ha implementato le stringenti norme previste dall’ultima Direttive Comunitaria sui RAEE e che spesso le sanzioni previste a livello nazionale non sono abbastanza elevate da avere un effetto deterrente. Il report CWIT chiede migliori linee guida e più accurate definizioni formali, per aiutare le autorità a distinguere tra Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche usate e RAEE.
Gli esperti suggeriscono inoltre di armonizzare le sanzioni per semplificarne l’applicazione nei casi trans-frontalieri e per evitare che le organizzazioni criminali trasferiscano le loro attività in Paesi a rischio più basso dentro la Comunità: allo stato attuale, le sanzioni penali e civili per il commercio illegale dei RAEE sono molto diverse da Stato a Stato.
Oltre alla gestione ambientalmente non corretta dei RAEE, il progetto CWIT ha rivelato casi di frode, evasione fiscale e riciclaggio di denaro, dimostrando il collegamento tra reati ambientali e finanziari.

Attività criminali - L’analisi dei casi di attività illegale ha rivelato vulnerabilità lungo tutta la catena di gestione delle AEE usate e dei RAEE: raccolta, consolidamento, intermediazione, trasporto e trattamento. I reati comprendono il trattamento inadeguato, la violazione delle norme comunitarie, i furti, la mancanza delle licenze o dei permessi richiesti, il contrabbando e le false dichiarazioni sui carichi trasportati.
I ricercatori sono propensi a credere che in alcuni Paesi il crimine organizzato sia coinvolto nella gestione dei flussi illegali di RAEE, ma questo sospetto non è al momento provato dalle informazioni raccolte. “Una più intensa attività di raccolta e scambio di dati porterà a una più completa comprensione di questo aspetto del problema”, hanno sottolineato gli autori della ricerca, aggiungendo che nelle osservazioni sin qui condotte i soggetti autori di crimini legati ai RAEE sono perlopiù singoli traders o singole società, che cooperano in network sommariamente organizzati per commettere specifici reati.
Sostiene David Higgins, capo del Environmental Security Sub-Directorate di INTERPOL e coordinatore del progetto: "Visto che può generare profitti e che oggi viene difficilmente scoperta, questa forma di commercio illegale rischia di essere molto sfruttata: i Governi nazionali dovrebbero prevenire questo rischio adottando un mix bilanciato di sanzioni amministrative e penali, che riflettano l’entità sia dei profitti illeciti sia dei danni ambientali e sociali provocati. I soggetti chiamati ad applicare la legge devono essere più proattivi, con attività investigative sui flussi illegali di RAEE a cui facciano seguito la formulazione dei capi di accusa e i processi”.

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