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Acqua pubblica, I 5 Stelle la mettono all’ordine del giorno del nuovo Governo

where Roma when Gio, 05/09/2019 who roberto

Nel programma del Governo Conte bis compare di nuovo la necessità di approvare subito la legge sull’acqua pubblica, già bocciata dal PD tre anni fa con una serie di emendamenti

“L'acqua è un bene comune: bisogna acqua-pubblica.jpgapprovare subito una legge sull'acqua pubblica, completando l'iter legislativo in corso”: così recita la versione definitiva del programma con il quale il nuovo Governo Conte punta a far approvare la controversa proposta di legge Federica Daga sulla “ripublicizzazione” dell'acqua, che tanto ha fatto litigare pentastellati e leghisti (e non solo) in sede di Commissione. Per il M5S la pdl "incarna la volontà popolare espressa con il voto del referendum del 2011" e ha il sostegno, manifestato più volte, del presidente della Camera Roberto Fico.
 
Più volte rinviato per le divergenze tra i partner di Governo, a luglio il M5S ha cercato di forzare la mano con un’iniziativa al Senato. In un’aula di Palazzo Madama, infatti, è stata presentata una proposta di mozione sottoscritta da 45 senatori 5 Stelle con la quale si voleva impegnare  l’esecutivo a “riconoscere l'acqua come bene pubblico, comune, di importanza strategica nazionale” e “a porre in essere una ricognizione e una mappatura di tutte le sorgenti e le falde sotterranee d'acqua potabile presenti in Italia, indicando al contempo quali siano captate (cioè inglobate in manufatti dai quali iniziano gli acquedotti) e quali non lo siano”. Un fuoco di paglia rispetto a un tema così divisivo.
 
Oggi, dunque, Di Maio & co.. ripartono da quel PD accusato, tre anni fa, di aver tradito il noto referendum sull’acqua pubblica per aver inserito (ad opera del deputato Manfredi) una serie di emendamenti all’articolo 6 della legge, che riscriveva i commi dall’1 al 3 e cancellando il principale secondo il quale “gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture del servizio idrico siano di proprietà pubblica e inalienabili”, disponendo “in via prioritaria l'affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo”. Tradotto: non era più obbligatorio che a gestire il ciclo idrico fosse un ente pubblico, ma lo poteva fare anche società di pubblica utilità (anche se quotate e con soci pubblici in cda). Chissà, ora se la nuova via zingarettiana riuscirà a convincere i pochi sindaci del Nord rimasti (Milano e Bologna) a cambiare le carte delle loro multiutility, autentiche macchine da guerra (e da soldi) per i comuni?
 
Secondo uno studio commissionato da Utilitalia, il potenziale impatto per lo Stato della legge sulla ripublicizzazione dell'acqua, che riforma il servizio idrico riportandolo sotto la mano pubblica, potrebbe essere di circa 15 miliardi di euro.

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