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​Dalla Corte di Giustizia Ue una maximulta all’Italia sulle acque reflue

where Bruxelles (Belgio) when Gio, 07/06/2018 who michele

Si tratta di una delle multe più alte comminate dalla Corte a uno Stato. Il numero degli agglomerati non conformi si è ridotto da 109 a 74, ma è comunque grande il ritardo

depuratori-acque-reflue.jpgL'Italia è stata condannata ad una somma forfettaria di 25 milioni di euro e a una penalità di oltre 30 milioni per ciascun semestre di ritardo per aver tardato ad attuare il diritto dell'Unione in materia di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue, che aveva già constatato una prima volta l'inadempienza dell'Italia in una sentenza del 2012. Il calcolo della multa è a partire dal 2012. In totale si tratterebbe di 360 milioni di euro più la somma forfettaria di 25 milioni: una delle multe più alte comminate dalla Corte a uno Stato.
 
A oltre sei anni di distanza dalla prima sentenza, fa notare la Corte, il numero degli agglomerati non conformi si è ridotto da 109 a 74, ma è comunque grande il ritardo nel seguire le disposizioni Ue, che si applicano dal 31 dicembre 2000. Inoltre, l'Italia è già stata condannata dalla Corte per la gestione inadeguata delle acque di scarico urbane e ha in corso due procedura di infrazione per lo stesso motivo, una delle quali ha portato a una prima sentenza nel 2014. Per questi motivi i giudici hanno stabilito che il nostro paese dovrà versare nel bilancio dell'Ue una somma forfettaria di 25 milioni di euro, più 30 milioni per ogni semestre di ritardo nell'applicazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012.
 
Nel luglio 2012 la Corte di giustizia aveva stabilito che l'Italia, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire che 109 agglomerati situati nel territorio italiano fossero provvisti, a seconda dei casi, di reti fognarie per la raccolta delle acque reflue urbane e/o di sistemi di trattamento delle acque reflue urbane conformi alle prescrizioni della direttiva 91/271, era venuta meno agli obblighi di rispetto della legge europea. Ritenendo, alla scadenza di un termine fissato all'11 febbraio 2016, che l'Italia non avesse ancora preso le misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012, la Commissione aveva proposto dinanzi alla Corte un secondo ricorso per inadempimento contro tale Stato membro chiedendo l'inflizione di sanzioni pecuniarie.
 
Oggi la Corte constata che, alla data limite dell'11 febbraio 2016, l'Italia non aveva preso tutte le misure necessarie per l'esecuzione della sentenza del 2012. Si tratta di "un inadempimento durato quasi sei anni, particolarmente grave per il fatto che l'assenza o l'insufficienza di sistemi di raccolta o di trattamento delle acque reflue urbane sono idonee ad arrecare pregiudizio all'ambiente". La Corte rileva che il numero di agglomerati per i quali l'Italia non ha fornito la prova dell'esistenza di sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane conformi alla direttiva (74 agglomerati) è "significativo, sebbene tale numero sia stato ridotto rispetto a quanto constatato nella sentenza del 19 luglio 2012 (all'epoca, 109 agglomerati)". Inoltre, la Corte sottolinea che la messa in conformità dei sistemi di raccolta e di trattamento secondario delle acque reflue urbane di alcuni agglomerati con le disposizioni della direttiva avrebbe dovuto essere realizzata al più tardi il 31 dicembre 2000.
 
Di qui la decisione di condannare l'Italia a pagare, a favore del bilancio dell'Unione, una penalità di 30.112.500 euro per ciascun semestre di ritardo nell'attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012, penalità che sarà dovuta a partire da oggi fino all'esecuzione integrale della sentenza del 2012. Inoltre, tenuto conto della situazione concreta e delle violazioni in precedenza commesse dall'Italia in materia di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane, la Corte reputa adeguata la condanna dell'Italia a pagare, a favore del bilancio dell'Unione, una somma forfettaria di 25 milioni "per prevenire il futuro ripetersi di analoghe infrazioni al diritto dell'Unione".
 
I commenti - "La multa decisa dall'Ue all'Italia sulla depurazione ha radici lontane, nella mancanza di investimenti negli ultimi 60 anni. Salvo un breve periodo a inizio degli anni '80 di finanziamenti speciali per il Mezzogiorno, solo oggi grazie all'esistenza di un'Autorità di regolazione, possiamo dire che si sta migliorando. È questa la causa del gap infrastrutturale che oggi ci porta ad essere nuovamente bacchettati dall'UE. Bisogna mettersi in regola, anche perché pagare per avere impianti adeguati è meglio che continuare a “regalare soldi in sanzioni comunitarie". Così Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia. "Inquinare, e non impedirlo, è veramente un pessimo affare. Ci rimettono l'ambiente e gli ecosistemi terrestri, fluviali e marini, la salute umana e ora anche le nostre tasche". Lo afferma il Wwf in una nota.

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