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Nucleare. On-line tutti i dati sulle scorie. Isin pubblica l’inventario

where Roma when Lun, 27/01/2020 who roberto

Accessibile il documento sui materiali radioattivi. In Lazio la maggiore quantità, in Piemonte la maggiore radioattività. Il combustibile delle vecchie centrali atomiche spente

L’Isin, Ispettorato nazionale per la scorie-nucleari.jpgsicurezza nucleare e la radioprotezione, ha pubblicato e reso disponibile on-line il nuovo “Inventario nazionale dei rifiuti radioattivi”, disponibile sul sito web https://www.isinucleare.it. Il documento contiene informazioni relative a volumi, masse, stato fisico, attività specifica, contenuto di radioattività e condizioni di stoccaggio dei rifiuti, compresi il combustibile esaurito e le sorgenti dismesse.

Alcuni dati
Nel 2018 sono stati prodotti nuovi rifiuti radioattivi, in particolare come conseguenza di attività di decontaminazione (centrale del Garigliano e impianto Itrec) o di smantellamento (impianti Plutonio e Eurex, Ccr Ispra, Centrale del Garigliano) ed effettuate operazioni di trattamento di quelli esistenti tramite supercompattazione, con conseguente riduzione dei volumi.
Le regioni: Piemonte, Lombardia e le altre
Aumentano fisiologicamente, ma comunque in maniera limitata, i rifiuti radioattivi in Piemonte (da 5101 m3 nel 2017 a 5506 m3 nel 2018), Lombardia (da 5875 m3 a 6060), Lazio (da 9241 m3 a 9311), Campania (da 2913 m3 a 2965) e Basilicata (da 3150 m3 a 3215).
In calo, al contrario, quelli presenti in Emilia Romagna (da 3211 m3 a 3000) e in Puglia (da 1007 m3 a 849): nel primo caso, in conseguenza dell’invio, per il loro trattamento, dei rifiuti radioattivi della Centrale di Caorso in Slovacchia, da dove poi faranno ritorno; nel secondo caso, a seguito delle attività di bonifica del deposito dell’ex CEMERAD.
Che cos’è l’inventario
Predisposto sulla base dei dati che annualmente i diversi operatori, ai quali compete la responsabilità primaria della detenzione e gestione in sicurezza dei rifiuti, trasmettono all’Ispettorato, l’inventario aggiornato al 31 dicembre 2018 rappresenta uno strumento a supporto delle attività istruttorie e di vigilanza e permette all’Isin di assolvere al compito, ad esso attribuito dalla legislazione vigente, di predisporre una proposta di misure compensative destinate alle comunità locali dei siti che ospitano installazioni correlate al ciclo del combustibile nucleare.
Le scorie riprocessate all’estero
Per quel che concerne il materiale ad alta attività, va premesso che il 99% del combustibile irraggiato delle quattro centrali nucleari nazionali dismesse non si trova più in Italia: è stato inviato in Francia e in Gran Bretagna, dove è stato sottoposto a riprocessamento. I rifiuti radioattivi generati faranno rientro in Italia.
I rifiuti nucleari in Italia
La gran parte dei rifiuti radioattivi presenti in Italia sono, infatti, ad attività molto bassa (13.320.28 m3) e a bassa attività (12.810,57 m3), seguiti da rifiuti a media attività (3.118,76 m3). Una sezione del rapporto è, inoltre, dedicata a materiali e rifiuti radioattivi derivanti da attività di decontaminazione e stoccati in depositi locali. Si tratta di contaminazioni derivanti da eventi incidentali di fusione di sorgenti radioattive verificatesi presso installazioni industriali. Nel 2019 sono stati individuati altri siti industriali con presenza di radionuclidi artificiali (due in Lombardia e uno in Toscana).
La sintesi dei dati
In Italia, pur non essendovi più impianti nucleari in funzione, ad eccezione di alcuni reattori di ricerca, è presente un quantitativo non trascurabile di rifiuti radioattivi, generati, nella stragrande maggioranza, nel corso del programma nucleare che vedeva in attività centrali elettronucleari, impianti del ciclo del combustibile, centri di ricerca. A questi rifiuti si aggiungono quelli prodotti da attività in campo medico, industriale e di ricerca.
I rifiuti di origine energetica, cioè quelli originati dalle centrali nucleari e dalle installazioni correlate al ciclo del combustibile, sono tuttora immagazzinati nei siti in cui sono stati prodotti. A tali rifiuti si aggiungono quelli delle attività mediche, industriali e di ricerca. È in particolare il settore della sanità, nel quale vengono impiegati radiofarmaci a fini diagnostici e terapeutici, a produrre una quantità limitata ma non trascurabile di rifiuti radioattivi. Le strutture sanitarie conferiscono i rifiuti prodotti a soggetti autorizzati alla raccolta e allo stoccaggio.
Il Lazio (per numero), il Piemonte (per radioattività)
La regione con il maggior volume di rifiuti è il Lazio, con 9.311 m3, pari al 30,13% del totale; a seguire, la Lombardia (19,61%), il Piemonte (17,82%), l’Emilia Romagna (9,71%), la Basilicata (10,4%), la Campania (9,59%) e la Puglia (2,75%). L’attività totale dei rifiuti radioattivi presenti in Italia è pari a 2.945.019 GBq2.
La regione con la maggiore quantità di attività è il Piemonte (2.165.554 GBq, pari al 73,5% dell’attività relativa alla totalità dei rifiuti radioattivi presenti in Italia), seguita da Campania (12,3%), Basilicata (8,86%), Lombardia (3,33%), Lazio (1,89%), Emilia Romagna (0,08%) e Puglia (0,001%). Per circa il 70% di questi rifiuti sono in corso o pianificate operazioni di trattamento e di condizionamento, necessarie per la loro trasformazione in manufatti durevoli che assicurino l’isolamento della radioattività dall’ambiente, idonei al trasporto, allo stoccaggio ed allo smaltimento definitivo.
Le scorie delle centrali
Il 99% del combustibile esaurito, utilizzato nelle quattro centrali nucleari nazionali dismesse, non si trova più in Italia. Nel corso degli anni è stato inviato in Francia e in Gran Bretagna, dove è stato sottoposto a riprocessamento. I residui del riprocessamento, secondo quanto stabilito dagli accordi stipulati nel rispetto delle norme comunitarie e internazionali, faranno rientro nel nostro Paese come rifiuti radioattivi. L’attività dei rifiuti radioattivi che torneranno dall’estero è stimabile in circa 100 volte l’attività totale dei rifiuti radioattivi e del combustibile irraggiato oggi presente in Italia. Per quanto riguarda il quantitativo residuale di combustibile esaurito ancora presente in Italia, esso è di entità molto piccola (circa 15,7 t) se confrontato con l’ammontare che complessivamente negli anni passati è stato trasportato all’estero per il riprocessamento (circa 1.800 t).
Dove sono i rifiuti
Gli impianti che ancora detengono combustibile esaurito sono: il Deposito Avogadro, situato in provincia di Vercelli, in cui è presente la maggior parte del combustibile, circa 13 t (30.212 TBq3); seguono il Centro Comune di Ricerche di Ispra, in provincia di Varese (4.276 TBq), l’impianto ITREC (1.526 TBq) in provincia di Matera, l’impianto OPEC-1 (33,6 TBq) e il reattore di ricerca TRIGA RC1 (8 TBq) in provincia di Roma e il reattore di ricerca LENA (6 TBq) in provincia di Pavia. Per quanto riguarda il Deposito Avogadro, si tenga presente che il combustibile esaurito ancora presente è destinato ad essere trasferito in Francia per essere anch’esso riprocessato.
 

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