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Allarme bioterrorismo, il 25% del nostro cibo proviene dall’estero

where Roma when Mar, 05/03/2013 who redazione

Complice la crisi, l’Italia è diventato un paese sensibile – avvertono gli 007. Protesta la Coldiretti: “Troppi marchi del made in Italy ceduti a gruppi stranieri”. L’ultimo pezzo da novanta è il riso Scotti

L’Italia è un paese sensibile al bioterrorismo, con circa il 25% dei prodotti alimentari consumati che proviene dall’estero. È l’allarme che parte dalla Coldiretti, sulla base di quanto scrivono i servizi segreti nella relazione annuale al parlamento.

Negli ultimi anni sono passati in mani straniere molti dei marchi storici del made in Italy a tavola. Favorita dalla crisi, è “aggressiva” l’azione di gruppi esteri che puntano ad acquisire patrimoni industriali, tecnologici e scientifici nazionali, avvertono gli esperti. “Il sistema agroalimentare – sottolinea la Coldiretti – è particolarmente sensibile alle attività terroristiche, tanto che negli Stati Uniti è stato varato un apposito Bioterrorism Act, con l’obiettivo di permettere alle autorità di prevenire, identificare velocemente ed eliminare le fonti di pericolo. La Food and drug administration deve essere avvisata preventivamente e fornisce un permesso elettronico per l’arrivo di prodotti importati e può bloccare le partite o gli alimenti sospetti, mentre è fatto obbligo di registrazione a tutti gli stabilimenti che operano nell’ambito della produzione, trasformazione, imballaggio di prodotti inclusi, mangimi, integratori, bevande e alimenti per lattanti”. Insomma, negli Usa il settore alimentare viene identificato come “infrastruttura critica” per la sicurezza nazionale, economica e di salute pubblica. Questo, ricordano gli esperti, “significa che le eventuali operazioni di acquisizione da parte di gruppi stranieri sono sottoposte a procedure più complesse, a differenza di quanto avviene in Italia, dove ad essere presi di mira sono soprattutto i prodotti simbolo del paese e della dieta mediterranea, dall’olio al vino fino alle conserve di pomodoro”. 
Dalla Buitoni al riso Scotti. Ecco tutte le acquisizioni - L’ultimo “pezzo da novanta” del made in Italy a tavola in parte ceduto agli stranieri è il riso Scotti, il 25% della cui proprietà è passato dalla famiglia pavese al colosso industriale spagnolo Ebro Foods. Lo scorso anno la Ar Pelati è stata acquisita da Princes, controllata dalla giapponese Mitsubishi, mentre nello stesso periodo Gancia, casa storica dello spumante tricolore, è stata acquistata dall’oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vodka Russkij Standard. La francese Lactalis è stata invece protagonista dell’operazione che ha portato la Parmalat a finire sotto il controllo transalpino.
Andando indietro negli anni non mancano altri casi importanti: dalla Bertolli, acquisita nel 2008 dal gruppo spagnolo Sos, alla Galbani, anche questa entrata in orbita Lactalis, nel 2006. Lo stesso anno gli spagnoli hanno messo le mani pure sulla Carapelli, dopo aver incamerato anche la Sasso, appena dodici mesi prima. Nel 2005 la francese Andros aveva acquisito le fattorie Scaldasole, che in realtà parlavano straniero già dal 1985, con la vendita alla Heinz. Nel 2003 hanno cambiato bandiera anche la birra Peroni, passata all’azienda sudafricana SabMiller, e l’Invernizzi, da vent’anni di proprietà della Kraft e ora finita alla Lactalis. Negli anni Novanta erano state la Locatelli e la San Pellegrino ad entrare nel gruppo Nestlè, anche se poi la prima era stata “girata” alla solita Lactalis (1998). La stessa Nestlè possedeva già dal 1995 il marchio Antica gelateria del corso e, addirittura dal 1988, la Buitoni e la Perugina.
E ora stabilimenti all’estero? - Il made in Italy alimentare, sostiene la Coldiretti, è diventato un’appetibile terra di conquista per gli stranieri e il prossimo passo rischia di essere la chiusura degli stabilimenti italiani per trasferirli all’estero. “Un processo – conclude l’organizzazione – favorito dalla crisi, di fronte alla quale occorre accelerare nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che veda direttamente protagonisti gli agricoltori, per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi”.