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Animalìe. Condannati i vertici dell’allevamento Green Hill

where Brescia when Lun, 26/01/2015 who redazione

La Lav intende denunciare le autorità sanitarie che controllavano il rispetto delle norme

Nei giorni scorsi il Tribunale di Brescia ha emesso la sentenza nel processo contro Green Hill, l’allevamento di cani di razza beagle (i “bracchetti” come lo Snoopy dei fumetti di Charlie Brown) che venivano venduti per sperimentazioni ai laboratori di mezz’Europa.

Il veterinario Renzo Graziosi e Ghislane Rondot, gestore dell'allevamento, sono stati condannati per uccisione e maltrattamento di animali alla pena di un anno e sei mesi di reclusione, mentre il direttore Roberto Bravi è stato condannato a un anno con risarcimento delle spese. Assolto il co-gestore Bernard Gotti.
È stato confermato il sequestro dei cani, che erano stati consegnati in custodia a volontari delle associazioni animaliste.

La difesa degli imputati aveva sostenuto che i cani sequestrati e consegnati alle associazioni animaliste avevano subito una mortalità più alta di quella rilevata nell’allevamento. La Lav (Lega Antivivisezionista) ha replicato che la mortalità degli animali liberati è “una dichiarazione falsa, una diffamazione e una provocazione, contro la quale abbiamo proceduto legalmente, vincendo”.

"Dalla vicenda emerge come la legalità e il rispetto del benessere animale siano principi vincolanti, per legge, anche in settori come la sperimentazione e che questi reati vadano interpretati in relazione al mancato rispetto dell'etologia dell'animale", afferma il Corpo forestale dello Stato.

“Una sentenza memorabile, destinata a fare giurisprudenza, capace di fare emergere l'amara realtà delle sofferenze inflitte ai cani allevati a fini sperimentali dalla succursale della multinazionale Marshall”, afferma la Lav, che chiederà l'imputazione dei veterinari dell'Asl di Lonato, dell'Istituto Zooprofilattico di Brescia e dei funzionari della Regione Lombardia e del Ministero della Salute che avevano scritto che tutto era regolare nell'allevamento.

Secondo la Lav, nell’allevamento c’era la pratica aziendale di uccidere i cani affetti da patologie per contenere i costi e perché non erano più idonei allo scopo: “Ad esempio cuccioli uccisi perché affetti da dermatite, un problema risolvibile con adeguate cure e alimentazione idonea, ma che ne pregiudicava l'utilizzo come cavie”, scrive l’associazione.

immagini
Un beagle liberato dall'allevamento
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