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Clima. Dieci compagnie petrolifere lanciano il patto per il clima

where Roma when Lun, 26/10/2015 who michele

La soluzione è puntare sul metano, che potrebbe fermare a 2 gradi il riscaldamento globale. Il commento di Ermete Realacci

“Con il gas si può fermare il riscaldamento globale”. A un mese e mezzo dalla conferenza sul clima di Parigi, l'amministratore delegato dell'Eni Claudio Descalzi e altri nove ceo (quelli di BG group, Bp, Pemex, Reliance Industries, Repsol, Saudi Aramco, Shell, Statoil e Total) hanno annunciato una strategia comune sulle emissioni di CO2 e di metano, i principali gas serra. Le dieci claudiiodescalzi1.jpgcompagnie, che rappresentano un quinto della produzione mondiale di petrolio e di gas, hanno deciso di darsi l'obiettivo di limitare il riscaldamento globale nel limite dei 2 gradi.

“L'Europa è stata la prima a muoversi su energie rinnovabili ed efficienza. Ma così paga per l'energia prezzi più elevati e mette a repentaglio la competitività delle sue imprese. Noi auspichiamo che a Parigi i policy maker individuino non solo un quadro di obiettivi, ma anche di modalità e di regole che servano a eliminare la sperequazione competitiva tra le aziende. E questo non può essere il mercato a farlo, devono essere gli Stati e le istituzioni”, ha spiegato Descalzi in un'intervista al Corriere della Sera, augurandosi che in futuro anche le compagnie americane, che hanno una visione diversa, partecipino: “Non si deve contrapporre il libero mercato all'ambiente: quando la posta in gioco è così elevata i concetti liberistici vanno riconsiderati e guidati. Nessuno attacca il libero mercato, sia chiaro, ma se diciamo che dobbiamo promuovere energia low carbon non può essere il mercato a farlo. E per promuoverla dobbiamo anche penalizzare chi emette troppa CO2”.
Gli impegni concreti “sono lasciati a ogni compagnia, in questo momento - spiega Descalzi - ; ci siamo concentrati su temi precisi, come appunto il riconoscimento del limite dei due gradi, la spinta verso l'efficienza energetica e la riduzione delle emissioni. Alcuni di noi, tra cui l'Eni, riconoscono la necessità di assegnare un prezzo alla CO2 e di ridurre il flaring”, cioè la pratica di bruciare il gas in eccesso estratto con il petrolio. “Dal 2005 ad oggi queste società hanno già diminuito le loro emissioni del 20%. L'Eni del 27% nel periodo 2010-2014”.
“Credo che una presa di posizione ragionevole e omogenea degli Stati sul clima - è la convinzione di Descalzi - possa avere un impatto positivo sugli investitori, perché darebbe a tutto il settore più credibilità e una visione di lungo termine. La nostra industria lavora su cicli molto lunghi e proprio per questo più che alla massimizzazione immediata del profitto deve guardare al valore che crea”.
In Italia intanto si va verso un referendum sulle trivellazioni offshore: “Non vorrei entrare nella discussione di un referendum politico. Come Eni dico solo che non facciamo pozzi esplorativi offshore dal 2009 e - spiega Descalzi - non ci sono programmi per farli. Oltre le 12 miglia abbiamo pozzi a gas convenzionali e il gas è il miglior combustibile fossile che abbiamo. Ci sono forse problemi più importanti che bloccare pozzi che non si stanno facendo”.

ermeterealacci.jpgIl parere di Ermete Realacci - “È un segno del cambiamento dei tempi”, afferma il presidente della Commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci. Questo impegno “non risolve i problemi” ma “va nella giusta direzione”. Il metano, tra i combustibili fossili, “è quello che ha un impatto minore. Abbiamo visto una crisi verticale dell'uso del carbone ed è significativo che alcune grandi banche abbiano deciso di non finanziare più gli investimenti in centrali a carbone”.
“È significativo anche che i nuovi vertici dell'Enel abbiano deciso di non realizzare più la centrale a carbone di Porto Tolle e di chiudere 22 impianti, quelli più vecchi e più inquinanti”.

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Amministratore delegato Eni Presidente della Commissione Ambiente della Camera
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