Dopo la Giornata dell'Ambiente. Oltre la plastica: le idee, i progetti, il virtue signalling
Il 5 giugno l’Onu ha ricordato la Giornata Mondiale dell’Ambiente e il tema di quest’anno è stato la sporcizia da polimeri. L’evento è stata l’occasione per molte imprese per mostrare i loro progetti a difesa dell’ecologia. L’allarme del Wwf, i raee secondo Ecolight, l’attenzione di Save the Children, l’impegno di Vannia Gava.
La Giornata mondiale dell'Ambiente, che dal 1974 si celebra ogni anno il 5 giugno, quest’anno ha invitato all'azione collettiva. Lo ha ricordato l'Onu che ha proclamato questa giornata nel 1972 in occasione dell'istituzione del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente con lo slogan Only One Earth (solo una Terra). Ma come ogni anno l’evento è accompagnato da molte comunicazioni in cui, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, le aziende e le ong esibiscono il loro impegno ecologico, e la Giornata diventa una passerella di buone idee, ottimi progetti ma, in qualche caso, anche un’esibizione di virtue signalling, cioè l’ostentazione di comportamenti virtuosi a volte talmente esibiti da rasentare il fariseismo. Ecco una scelta di alcune delle idee più interessanti.
I polimeri
La Giornata mondiale dell'Ambiente di quest'anno cade due mesi prima che i paesi si riuniscano a Ginevra per continuare a negoziare un trattato globale per porre fine all'inquinamento da polimeri. L'Onu afferma che la plastica porta innegabili benefici, dal risparmio energetico alla conservazione dei materiali, tuttavia il crescente inquinamento minaccia il benessere sia del pianeta che dell'uomo contaminando l'acqua che beviamo, il cibo che mangiamo e l'aria che respiriamo. Frammenti di catene polimeriche sono ormai presenti persino nei nostri corpi, ricordano le Nazioni Unite. "Le scelte che facciamo possono plasmare le industrie, cambiare i mercati e ridefinire il nostro futuro collettivo" spiega l'Onu. Un'economia circolare per la plastica offre un percorso sostenibile. L'inquinamento da polimeri è presente ovunque, dalla Fossa delle Marianne (il punto più profondo dell'oceano) al Monte Everest (la vetta più alta). Si stima che ogni anno 11 milioni di tonnellate di plastica si riversino negli ecosistemi acquatici. Circa 13 milioni di tonnellate di plastica si accumulano nel suolo ogni anno.
Il riciclo
I minuscoli frammenti di polimeri possono entrare nella catena alimentare. Si stima che solo il 21% della plastica sia economicamente riciclabile e solo il 9% di tutta la plastica prodotta viene effettivamente riciclata a livello globale. Un approccio completo all'economia circolare potrebbe ridurre il volume di plastica che entra nei nostri oceani di oltre l'80% e far risparmiare ai governi 70 miliardi di dollari tra il 2021 e il 2040. Nel 2025, si prevede che il mondo consumerà 516 milioni di tonnellate di plastica. Entro il 2060, si stima che il consumo globale annuo di plastica raggiungerà oltre 1,2 miliardi di tonnellate.
Un impegno
L’organizzazione approfitta della ricorrenza per lanciare, nell’ambito della sua campagna Our Future, il documento “Oltre la plastica: il peso nascosto dell’inquinamento”, un’analisi sui rischi legati alla plastica, compresi quelli per la salute umana ormai scientificamente accertati, accompagnata da una raccolta di soluzioni concrete a un problema che sta assumendo proporzioni preoccupanti.
Dalla sua diffusione su larga scala negli anni ’50, la plastica si è imposta per leggerezza, resistenza ed economicità, ma queste stesse caratteristiche ne hanno determinato anche l’enorme impatto negativo: di oltre 9 miliardi di tonnellate prodotti finora, una minima parte è stata riciclata. Una produzione che non accenna a diminuire, con più di 410 milioni di tonnellate, prevalentemente da fonti fossili, che ogni anno vengono immessi sul mercato. Le conseguenze sono evidenti: la plastica rappresenta l’80% dei rifiuti dispersi nell’ambiente marino e costiero del Mediterraneo, di questi oltre la metà è rappresentata da plastica monouso. Ciò è particolarmente preoccupante se si considera che il Mar Mediterraneo è un hotspot per la biodiversità marina, ospitando fino al 18% delle specie marine del mondo.
L’allarme del Wwf
“Non possiamo più considerare la plastica solo un problema ambientale: i rischi per la salute umana sono reali, sistemici e in parte ancora sconosciuti. È necessaria una risposta globale, coordinata e ambiziosa”, dichiara Eva Alessi, responsabile sostenibilità del Wwf Italia “Le evidenze scientifiche sulla presenza di micro e nanoplastiche nel corpo umano si stanno accumulando rapidamente, e ci parlano di un’esposizione quotidiana, invisibile e pervasiva. Anche se molte incertezze permangono sui meccanismi biologici e sulle soglie di rischio, il principio di precauzione impone un’azione immediata. Ignorare questi segnali, significa accettare un costo sanitario e ambientale crescente e imprevedibile per il futuro”. Di fronte a questo quadro, il Wwf ha da tempo lanciato l’iniziativa globale “No Plastic in Nature”, con l’obiettivo di fermare la dispersione di plastica nell’ambiente entro il 2030. L’approccio è multilivello e coinvolge tutti: aziende, governi, cittadini, e chiunque possa fare la sua parte per ridurre la produzione di plastica, soprattutto quella più dannosa e non necessaria. Si punta a riprogettare i prodotti per renderli riutilizzabili in sicurezza, facilmente riciclabili e realizzati con materiali riciclati, naturali e più sicuri. Inoltre, si vogliono sviluppare soluzioni su larga scala per il riuso e il riciclo della plastica.
I raee
In occasione della Giornata Mondiale dell'Ambiente, Ecolight, consorzio del Sistema Ecolight da oltre vent'anni impegnato nella raccolta e nel riciclo dei raee, lancia un appello: “Dobbiamo iniziare a pensare ai nostri dispositivi elettronici non più come semplici oggetti, ma come potenziali risorse che possiamo ripristinare al pianeta”, dice Giancarlo Dezio, direttore generale di Ecolight. “Gli oggetti elettronici come telecomandi, asciugacapelli e caricabatterie sono una miniera di plastica. Gestire correttamente questi rifiuti elettronici e restituire alla plastica contenuta in questi raee una nuova vita con il riciclo “. Secondo recenti stime del consorzio, ogni famiglia italiana può custodire inconsapevolmente circa 3 chili di plastica “fantasma” nei piccoli elettrodomestici presenti in casa. Di questi oggetti, meno di 1 su 5 viene gestito correttamente. Ecolight ha individuato tre prodotti di uso quotidiano che tutti possediamo per analizzare la quantità di plastica presente:
Il telecomando - piccolo, maneggevole, onnipresente. Dal divano alla camera da letto, è il re degli oggetti perduti tra i cuscini. Ma lo sai che un telecomando può contenere fino all'85% del suo peso in plastica ? Quando smette di funzionare o viene sostituito, spesso finisce dimenticato in un cassetto. E con lui, anche la plastica che potrebbe essere recuperata. Importante: le pile vanno sempre tolte e conferite correttamente.
L'asciugacapelli - lo usiamo quasi ogni giorno, ma raramente ne valutiamo la composizione. In media, un asciugacapelli può contenere fino a 500 grammi di plastica, tra scocca, impugnatura e griglia protettiva. Eppure, alla fine della sua vita utile, molti lo gettano nell'indifferenziata, perdendo materiali preziosi e generando un impatto ambientale invisibile ma significativo.
Il caricabatterie - spesso dimenticato quando si cambia il telefono o si accumula in eccesso, contiene plastica in proporzioni notevoli, fino al 75% del suo peso totale, tra rivestimenti e componenti. Nonostante ciò, raramente viene trattato come un rifiuto elettronico, finendo invece troppo spesso nei rifiuti generici. Il primo passo è riconoscere i raee: quando un apparecchio elettrico o elettronico smette di funzionare deve essere conferito correttamente. Il secondo passo è metterlo nel posto giusto: non va nascosto in un cassetto e neppure buttato nell'indifferenziata. Deve essere portato in un centro di raccolta comunale oppure in un negozio che vende apparecchiature elettroniche. C'è il diritto al ritiro “uno contro uno” che prevede la possibilità di restituire gratuitamente il vecchio prodotto al momento dell'acquisto di uno nuovo di funzionalità equivalente, ma anche al ritiro “uno contro zero” che vale per i piccoli elettrodomestici fino a 25 cm, senza obbligo di acquisto.
Save the children
Se si raggiungerà l'obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C entro il 2100, quasi un terzo dei bambini che hanno cinque anni - circa 38 milioni - sarà risparmiato dall'esposizione a ondate di calore senza precedenti nel corso della loro vita. È quanto emerge da una ricerca di Save the Children – l’organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro – e la Vrije Universiteit Brussel (vub) in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente. Secondo lo studio, in base agli impegni e alle politiche climatiche adottate finora dai governi, la temperatura globale aumenterà di 2,7°C rispetto ai livelli preindustriali entro la fine del secolo. Ciò farà sì che circa 100 milioni di bambini dei 120 milioni nati nel 2020, ovvero l'83%, dovranno affrontare un'esposizione senza precedenti al caldo estremo nel corso della loro vita. Tuttavia, se si riuscisse a limitare il riscaldamento globale entro l'obiettivo di 1,5°C, fissato dall'Accordo di Parigi, il numero di bambini di cinque anni destinati a soffrire il caldo estremo si ridurrebbe a 62 milioni - con una differenza di 38 milioni.
È pertanto urgente promuovere una rapida eliminazione dell’utilizzo e dei sussidi ai combustibili fossili al fine di proteggere i più piccoli in tutto il mondo. Il caldo estremo ha un impatto pericoloso sulla salute fisica e mentale dei bambini e delle bambine, compromette, ad esempio, l'accesso al cibo e all'acqua potabile e provoca la chiusura delle scuole.
Inoltre, riuscire a mantenere l’innalzamento della temperatura entro 1,5°C, proteggerebbe milioni di bambini nati nel 2020 dagli impatti più gravi di altre devastanti conseguenze legate al riscaldamento globale, come la perdita dei raccolti, inondazioni, cicloni tropicali, siccità e incendi.
La ricerca, pubblicata nel Rapporto Born into the Climate Crisis 2. An Unprecedented Life: Protecting Children's Rights in a Changing Climate, ha anche rilevato che se l'aumento della temperatura globale sarà limitato a 1,5°C, circa 8 milioni di bambini non dovrebbero far fronte a perdite senza precedenti dei raccolti, circa 5 milioni non dovrebbero affrontare inondazioni dei fiumi e circa 5 milioni i cicloni tropicali di livelli estremi. Infine, circa 2 milioni eviterebbero la siccità e circa 1,5 milioni sarebbero risparmiati da un'esposizione senza precedenti agli incendi.
La ricerca fa anche delle proiezioni, esaminando uno scenario in cui le temperature globali potrebbero aumentare di 3,5°C entro il 2100: questa situazione metterebbe a rischio circa 111 milioni di bambini, pari al 92% di quelli nati nel 2020. Se ci focalizziamo, in particolare, sul contesto italiano, si calcola che il 100% dei minori nati nel 2020, in tutto il territorio nazionale, sarebbe esposto a ondate di calore senza precedenti nel corso della vita già nel caso di un aumento delle temperature pari a 2.7°.
La condizione meteorologica “ha conseguenze potenzialmente di lungo periodo sui bambini, che ancora una volta sono costretti a pagare il prezzo di una crisi di cui non sono responsabili. Il riscaldamento globale è un fenomeno che interessa ormai tutti i bambini, le bambine, le ragazze e i ragazzi nel mondo, inclusi quelli che vivono nel nostro Paese. In vista del prossimo negoziato di Bonn, che si aprirà tra meno di due settimane, auspichiamo che l’Italia possa contribuire a far sì che i diritti, le voci e le specifiche vulnerabilità dei minori siano integrate nei piani, nelle politiche e nei finanziamenti per il clima sia a livello nazionale che internazionale” ha dichiarato Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia.
Vannia Gava
“La Giornata Mondiale dell’Ambiente ci ricorda l’urgenza di affrontare l’inquinamento da plastica con concretezza e responsabilità. L’Italia sta investendo in impianti, tecnologie e filiere del riciclo per ridurre l’impatto ambientale e favorire una reale economia circolare. Siamo attivi anche nei tavoli internazionali per definire strategie efficaci. Ma nessun risultato sarà possibile senza l’impegno concreto di tutti: istituzioni, imprese e cittadini. Per questo è fondamentale fare cultura ambientale. È anche su questa direttrice che si muove l’impegno del ministero dell’Ambiente.” Lo dichiara la viceministra dell’Ambiente Vannia Gava.