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Fiumi. Studio Legambiente, il 60% dell’acqua è inquinata dalla chimica

where Roma when Lun, 08/06/2020 who roberto

Un dossier sulle contaminazioni come quelle rilevate a Brescia e Cremona o il caso degli Pfas. La proposta dell’associazione

In Italia circa il 60% delle acque di fiumi e laghipfas.jpg non è in buono stato e molti degli specchi d’acqua che lo sono non vengono protetti adeguatamente: dai pesticidi agli antibiotici, dalle microplastiche fino alle creme solari, molte sostanze e composti chimici usati ogni giorno inquinano anche il mare lungo le coste e le falde sotterranee. Lo afferma Legambiente che, su dati del registro europeo degli inquinanti E-Prtr (European Pollutant Release and Transfer Register), calcola che dal 2007 al 2017 gli impianti industriali abbiano immesso, secondo le dichiarazioni fornite dalle stesse aziende, 5.622 tonnellate di sostanze chimiche nei corpi idrici.

Il dossier antichimica
L'associazione ambientalista pubblica il dossier "H?O - la chimica che inquina l'acqua" (dove il punto interrogativo sostituisce la cifra 2) suggerendo che "la corretta gestione e la cura dell'acqua devono essere una priorità del Paese".
Legambiente lancia quindi un appello al Governo, affinché "una parte considerevole dei mille miliardi di euro stanziati dall'Ue per le politiche ambientali e climatiche finanzi il Green New Deal italiano per favorire il recupero dei ritardi infrastrutturali, l'adeguamento ed efficientamento degli impianti di depurazione e della rete fognaria e degli acquedotti, gli interventi di riduzione del rischio idrogeologico".
 
Gli Pfas, il caso Brescia, la Lombardia
Il dossier racconta casi di inquinamento spesso ancora aperti nella nostra regione, che da decenni aspettano bonifiche e riqualificazioni.
Partendo dalla Caffaro di Brescia e arrivando alla Tamoil di Cremona, passando dall'inquinamento da Pfas in tutti i bacini della pianura, ma in particolare nei corpi idrici compresi tra Varesotto e Brianza, rilevato da una capillare campagna di monitoraggio di Arpa Lombardia, che suggerisce come, più che singoli episodi di sversamento, sia la grande densità del tessuto insediativo e industriale della fascia pedemontana a richiedere un approccio più energico che altrove, nel prevenire la molteplicità di problemi di inadeguata gestione degli scarichi e dei depuratori, civili e industriali.
"La fotografia scattata dal dossier - commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia - restituisce un'immagine preoccupante della Pianura Padana, anche per quanto riguarda i ‘contaminanti emergenti’. In Lombardia, in particolare, è da monitorare l'inquinamento diffuso dai distretti industriali pedemontani: servono un sistema di controllo e monitoraggio che diano seguito alle segnalazioni e individuino le pratiche scorrette, ma anche un approccio di complessiva qualificazione delle attività economiche insediate".
 
I nuovi contaminanti

Tra gli inquinanti considerati emergenti ci sono nuove sostanze chimiche o vecchi principi attivi per i quali, come nel caso dei Pfas o degli interferenti endocrini, solo di recente sono emersi i rischi per la salute. Potenziali effetti avversi su salute e ambiente sono stimati per oltre 2.700 molecole in commercio, in gran parte non regolamentate. Tra queste fitofarmaci, farmaci a uso umano e veterinario, pesticidi di nuova generazione, additivi plastici industriali, prodotti per la cura personale, ritardanti di fiamma e microplastiche. Sostanze magari presenti nelle acque in piccole concentrazioni, ma che possono creare un "effetto cocktail", con rischi seri per la salute umana e degli ecosistemi.

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