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​Nimby e crisi: per la prima volta diminuiscono le contestazioni. Ecologisti a parole

where Roma when Lun, 14/07/2014 who redazione

Nel 2013 sono 336 i casi in Italia (-5%). Si contesta meno perché si investe meno: il 48,5% delle proteste viene da soggetti politici e istituzionali. Pochi contenziosi contro gli impianti per rifiuti, un boom contro le fonti rinnovabili, amatissime solo quando fa comodo

Sono stati presentati i nuovi dati dell’Osservatorio Media Permanente Nimby Forum, l’unico database nazionale che dal 2004 monitora in maniera puntuale la situazione delle contestazioni contro opere di pubblica utilità e insediamenti industriali in costruzione o ancora in progetto.
La IX edizione dell’Osservatorio Nimby Forum, promosso da Aris Agenzia di Ricerche Informazione e Società, introduce un elemento di interessante cambiamento rispetto al passato: per la prima volta, il database registra un calo nel numero assoluto degli impianti contestati, che nel 2013 scendono a 336 rispetto ai 354 censiti nel 2012, con un decremento di 5 punti percentuali.
Sul totale delle opere contestate, 108 sono i casi emersi per la prima volta nel 2013, mentre i restanti 228 sono presenti nel database Nimby anche a partire dall’edizione 2004. Anche da questo punto di vista, si registra un decremento del 29% circa, rispetto ai 152 nuovi focolai apparsi nel 2012.
“Un segnale nuovo avanza quest’anno dai dati del nostro Osservatorio: per la prima volta in 9 anni diminuiscono i casi di Nimby, o comunque ritardi e blocchi causati da contestazioni e burocrazia” – evidenzia Alessandro Beulcke, presidente di Aris. “Un dato a cui probabilmente non si può dare una lettura positiva: il Paese è attraversato da una crisi non solo economica ma anche reputazionale, che allontana gli investitori esteri proprio mentre i capitali nazionali si fanno più esigui. In Italia, dunque, si contesta meno perché diminuisce nel complesso il numero dei progetti di sviluppo e per la realizzazione di infrastrutture di valenza strategica per l’economia nazionale e locale. Tra le cause, appunto, la riduzione degli investimenti.”
Secondo il Censis, infatti, dall’inizio della crisi (2007) gli investimenti diretti in Italia sono diminuiti del 58%, attestandosi nel 2013 su 12,4 miliardi di euro. Tra le cause, fattori quali procedure, tempi e costi necessari ad ottenere permessi e avviare un progetto.
E ancora, stime delle Nazioni Unite (Unctad - United nations conference on trade and development) evidenziano come, nel 2012, gli investimenti diretti esteri abbiano subito una drammatica contrazione nel mondo (-18%) come in Italia (-70%), rispetto all’anno precedente.
“Questo minore afflusso di capitali pare quindi essere legato, nel 2013, al minore dinamismo progettuale in fatto di iniziative industriali, grandi opere e infrastrutture. Che a sua volta si è riflesso sulla diminuzione di opere contestate. La logica anti-industriale che aleggia nel Paese” – aggiunge Beulcke – “ha varcato i confini, contribuendo a minare la credibilità del sistema Italia: un paese che non si prende cura della propria reputazione attrae meno investimenti e si espone maggiormente ai venti avversi della crisi economica. Opporsi a questo fenomeno, anche in senso culturale, è diventata una vera priorità nazionale. Ci auguriamo che lo Sblocca-Italia possa quindi rappresentare l’inizio di un’inversione di tendenza”.
Con 213 opere contestate (63,4% del totale), il comparto elettrico è in testa della classifica dei settori maggiormente colpiti dalla sindrome Nimby. Nel 2004, il dato si attestava solo sull’11,6%.
Trend inverso per il settore dei rifiuti, che esprime il 25,3% degli impianti contestati (nel 2004 era al 78,8%). Da ultimo, il comparto delle infrastrutture evidenzia 32 opere contestate, raddoppiando la propria incidenza dal 4,8% del 2011 al 9,5% del 2013.
Considerando il solo settore della produzione di energia elettrica – esclusi quindi gli elettrodotti, gasdotti – le fonti rinnovabili catalizzano le opposizioni del territorio nell’87,4% dei casi. Si conferma così il forte scollamento tra il teorico sostegno alle tecnologie green, diffuso presso cittadini e opinion leader, e le reazioni nimby riservate a questi progetti sui territori.
Non a caso, la classifica degli impianti più contrastati per tipologia è guidata dalle centrali a biomasse, alimentate quindi da una fonte rinnovabile: con 111 strutture contestate, questa categoria supera ampiamente discariche, termovalorizzatori e impianti eolici (22 opposizioni) e le infrastrutture autostradali (19).
Anche nel 2013, politica ed enti pubblici rappresentano il veicolo tramite il quale le contestazioni maggiormente viaggiano e si consolidano: rispettivamente nel 24,7% e nel 23,8% dei casi, ad opporsi ad impianti e opere pubbliche sono proprio questi soggetti, che insieme sfiorano la maggioranza assoluta (48,5%). In termini assoluti, restano comunque prevalenti le contestazioni di matrice popolare (comitati, etc) con il 32,2%. Con il 13,9% - in crescita rispetto al 9,8% del 2012 – seguono le opposizioni espresse da associazioni ambientaliste.
La preoccupazione per l’impatto ambientale non rappresenta più la prima ragione alla base delle contestazioni, con una incidenza che passa dal 37% del 2012 al 20,6% del 2013. Al primo posto, Nimby Forum colloca, invece, i timori per la qualità della vita, con un 21%. Seguono le opposizioni per carenze procedurali e di coinvolgimento (17,5%) e la paura per la salute pubblica (14,8%).
Come lo scorso anno, sono i soggetti contestatori a monopolizzare il flusso di comunicazione, esprimendo l’83% delle iniziative rilevate. A conferma dell’enorme gap da colmare – sul piano dell’informazione, del coinvolgimento e della partecipazione – da parte dei soggetti che si propongono di realizzare progetti infrastrutturali e di sviluppo in Italia.
Dal punto di vista geografico, si contesta maggiormente nelle regioni del Nord, con Veneto e Lombardia investite rispettivamente da 54 e 50 focolai nimby.
Interessanti il quinto posto dell’Abruzzo – che con 26 impianti contestati è investito dalle proteste verso i numerosi progetti di ricerca di idrocarburi – e il penultimo della Basilicata. Quest’ultima esprime 2 soli impianti contestati, nonostante il livello di scontento della popolazione verso le infrastrutture petrolifere e le prospettive di nuove estrazioni sia generalmente alto.

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