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I rifiuti e il fuoco. Arresti nel Pavese per l’incendio del 2017 in Lomellina

where Mortara (Pavia) when Lun, 11/10/2021 who roberto

I sospetti su malavita calabrese e esportazioni di rifiuti in Pakistan

La Finanza e i Carabinieri forestali incendio-lomellina.jpgdi Pavia, con uomini appartenenti alla Sezione di polizia giudiziaria della Procura di Pavia, hanno arrestato tre persone ritenute responsabili dell'incendio, avvenuto nel 2017, all'interno dell'impianto di trattamento di rifiuti Eredi Bertè di Mortara (Pavia). I reati contestati sono: traffico illecito di rifiuti, incendio doloso, utilizzo ed emissione di fatture false, bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio. "Oltre agli arresti - si legge nel comunicato della Guardia di Finanza di Pavia - sono stati sequestrati oltre 2 milioni di euro (tra disponibilità finanziarie, fabbricati, terreni ed autoveicoli) frutto dell'ingiusto profitto ottenuto attraverso il mancato pagamento delle spese di recupero e di smaltimento dei rifiuti ed il mancato versamento del tributo speciale regionale".
 
L’indagine
Le indagini erano state avviate nel settembre del 2017 in seguito all'incendio divampato alla società Eredi Bertè Antonino di Mortara (Pavia) e "hanno permesso di accertare - si legge nel comunicato delle Fiamme Gialle - innumerevoli illeciti, anche di natura ambientale, nonché la causa dell'incendio dei rifiuti stoccati nell'impianto di trattamento".
I successivi accertamenti coordinati dal pm di Pavia Paolo Mazza e con la Dda milanese Silvia Bonardi hanno poi portato alla luce un sistema criminale impegnato a massimizzare i profitti del traffico illecito di rifiuti. In particolare, due degli arrestati, entrambi 54enni e gestori dell'impianto di smaltimento, dopo aver ammassato indistintamente quintali di rifiuti pericolosi li smaltivano senza alcuna operazione di trattamento o recupero, ottenendo profitti illeciti per circa 2 milioni.
Non solo: "una volta accortisi che la gestione dell'impianto era divenuta insostenibile a causa dell'enorme quantità di rifiuti, i due decidevano di dar fuoco al piazzale al solo scopo di ripulire, a costo zero, l'intera azienda di smaltimento, noncuranti dell'enorme danno per la salute". Dopo l'incendio la società venne dichiarata fallita e i due gestori, attraverso società intestate a prestanome, lavorarono per far sparire i capitali illeciti.
 
Spunta l'ombra della 'ndrangheta
Spunta anche l'ombra della 'ndrangheta. Emerge dall'ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip di Milano Guido Salvini, che dà conto di "un episodio laterale rispetto ai fatti oggetto" della misura cautelare ", ma rilevante al fine di comprendere l'insieme della vicenda", ossia presunte minacce all'ex moglie di Vincenzo B., amministratore unico della società finito in carcere per aver dato fuoco ai "rifiuti stoccati", assieme ad un altro amministratore, Andrea Carlo B., anche lui arrestato. Nel maggio 2019 l'ex moglie del titolare dell'azienda avrebbe ricevuto minacce, come "stai zitta altrimenti ti faccio fuori", da un presunto 'ndranghetista già "coinvolto" nella maxi indagine Infinito del 2010, come componente di una “Locale" del Milanese.
Il motivo delle minacce, spiega il gip, "risiedeva nei dissidi" tra la donna e l'ex marito sulla "gestione dell'impianto e delle altre società collegate". E l'ombra della 'ndrangheta, scrive il gip, "getta una luce poco rassicurante sull'episodio di minaccia in danno della testimone".
La donna, tra l'altro, ha spiegato agli inquirenti di essere "certa che l'incendio sia stato dolosamente appiccato" dal marito "perché anche B. me lo confermò la sera stessa, il 6 settembre 2017, nel corso di una conversazione (...) In quel frangente mi disse che era stato necessario incendiare l'impianto a causa delle difficoltà economiche dell'azienda, per incassare l'indennizzo dell'assicurazione ed anche perché sicuramente all'esito del sopralluogo dell'Arpa l'impianto stesso sarebbe stato chiuso per le irregolarità nello stoccaggio". Ai domiciliari, non per l'accusa di incendio, è finito Vincenzo A., amministratore di un'altra società.
 
Il traffico rifiuti verso il Pakistan
C'è anche il tentativo che "stava per andare in porto" di una spedizione, organizzata una delle società al centro delle indagini, "di un carico di rifiuti diretti ad una società del Pakistan in forma del tutto illecita", tra gli episodi che emergono dall'ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip di Milano Guido Salvini.
Dalle intercettazioni della Dda milanese, disposte "a partire dall'estate 2019 sino al febbraio 2020" è emerso, scrive il giudice, "che i soggetti coinvolti nell'indagine ed altri a loro legati si sono adoperati costantemente per organizzare l'esportazione in forma illecita di notevoli quantità di rifiuti pericolosi da convogliare in siti esteri".
Uno degli arrestati, Andrea Carlo B., infatti, è "attualmente, al centro di una rete di trafficanti di rifiuti a livello internazionale". B. avrebbe cercato, spiega ancora il gip, di avviare allo smaltimento in Bulgaria rifiuti stoccati in un impianto di Corigliano Calabro. L'ultimo progetto, anche questo non andato a buon fine, aveva riguardato il conferimento dei rifiuti, anche per 10.000 tonnellate al mese, intermediati da una società di Torino, in Bulgaria".
Infine, il controllo su due container inviati dalla società amministrata da Vincenzo B., arrestato per l'incendio dell’impianto nel Pavese - al porto di Genova "tramite uno spedizioniere per l'imbarco verso il porto di Qasim in Pakistan". Controllo che ha bloccato anche questo tentativo.
 
Legambiente si costituirà parte civile
“Seguiamo da tempo con crescente preoccupazione questa epidemia di roghi che divampano in impianti di trattamento di rifiuti che, come si evince dalle indagini, spesso hanno lo scopo di occultare prove di comportamenti illeciti – dice l’avvocato Sergio Cannavò, responsabile centro azione giuridica della Legambiente Lombardia. – Riceviamo segnalazioni frequenti da parte dei cittadini su cattivi odori, scarichi abusivi, emissioni di sostanze tossiche ed è allarmante l’incremento di episodi di questo tipo, per le potenziali ricadute sull’ambiente e la salute dei cittadini. Legambiente Lombardia si costituirà parte civile nel processo, a dimostrazione del nostro continuo impegno sul tema. Un plauso va alle forze dell’ordine impegnate nell’operazione, ma permangono ancora forti preoccupazioni per gli impianti di stoccaggio ancora esistenti sui quali chiediamo una costante azione di controllo”.
 
 

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