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Sequestrato a Melfi l’inceneritore Rendina

where Potenza when Lun, 23/07/2018 who roberto

L’azienda dice di aver seguito la legge. Il commento dei Cinque Stelle e del ministro Costa

La mancata bonifica del sito inquinatoinceneritore-fenice-melfi.jpg ha provocato "la diffusione di inquinanti all'esterno" con la "compromissione delle acque potabili con grave pericolo per la salute pubblica": per questo, su richiesta della Procura della Repubblica di Potenza, che ha coordinato le indagini dei Carabinieri del Noe sul termodistruttore per rifiuti speciali, il gip di Potenza ha disposto il sequestro degli impianti di messa in sicurezza e bonifica dello stabilimento Rendina Ambiente (ex Fenice) nell'area industriale di Melfi (Potenza).

Il gip ha anche disposto la misura cautelare del divieto di dimora in Basilicata per l’amministratore delegato della società Rendina Ambiente. Secondo gli inquirenti, la "condotta omissiva" della mancata bonifica "ha determinato il protrarsi della compromissione del bene ambientale già accertata nel 2009 e un ulteriore aggravamento della stessa, come risultato - è spiegato in una nota della Procura di Potenza - dalle analisi acquisite".

Le indagini, in particolare, riguardano il termodistruttore per rifiuti speciali, pericolosi e non, ex Fenice e attualmente gestito dalla Rendina Ambiente: l’impianto sarebbe “interessato da una diffusa e storica contaminazione delle falde acquifere sotterranee da inquinanti quali nichel, mercurio, fluoruri, nitriti, tricloroetano, tricloroetilene, tetracloroetilene, bromodiclorometano e dibromoclorometano, pericolosi e cancerogeni", dicono gli inquirenti. Una tesi, quella degli inquirenti, che l'azienda esclude "nella maniera più assoluta: non c'è stata la compromissione delle acque potabili".

La Rendina, invece, "attende fiduciosa l'avanzamento delle indagini: dimostreranno la piena regolarità del nostro operato, che è sempre stato collaborativo. È bene sottolineare che - è scritto in una nota diffusa dall'azienda - tutte le procedure previste per la messa in atto della bonifica sono state seguite nel pieno rispetto della normativa italiana. Fin dal 2009, quando l'azienda ha sporto autodenuncia per l'avvenuto inquinamento della falda, si è messo in atto un piano di messa in sicurezza in emergenza e avviato un costante monitoraggio degli inquinanti". Spesso, ha rimarcato il presidente della società, Marco Steardo, "durante i lavori della Conferenza dei Servizi, abbiamo notato un rallentamento delle decisioni necessarie per il proseguimento del piano di bonifica. Per rimarcare questi ritardi abbiamo anche presentato un'articolata nota alla Procura, per far verificare perché un processo di bonifica, così importante per il nostro territorio, si rallentasse oltre misura. Spero che questo episodio - ha concluso Steardo - si concluda quanto prima perché il sequestro rischia di rallentare ulteriormente la bonifica".
Il provvedimento di sequestro è stato deciso dal gip di Potenza su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo lucano che ha coordinato le indagini dei Carabinieri del Noe.

Una situazione "non più tollerabile" per il Movimento cinque stelle che, attraverso il deputato lucano Gianluca Rospi, annuncia di voler portare la questione alla Commissione Ambiente della Camera. "È da anni - aggiunge il parlamentare - che il Movimento 5 Stelle denuncia la situazione che vive il Vulture-Melfese a causa di industrie che inquinano il territorio, senza rispettare alcuna norma e, spesso e volentieri, con la complicità della politica locale”.
Il ministro dell'Ambiente Costa ha espresso viva soddisfazione per l'esito delle indagini svolte dai Carabinieri del Noe, che ha indotto la Procura di Potenza a disporre il sequestro preventivo degli impianti. "Il territorio lucano non merita questo ulteriore affronto - afferma il ministro - pertanto è doveroso il mio personale ringraziamento agli inquirenti del Noe, che sono riusciti a fermare una ulteriore compromissione delle acque potabili, con grave pericolo per la salute pubblica".

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