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Arse: no fake news su superbonus, sono altre le misure a rischio frodi

where Milano when Ven, 18/02/2022 who roberto

Bene decreto del Mite sui massimali, ora rimodulare bonus 110 escludendo tecnologie inquinanti come caldaie a gas. E aumentando premialità a edifici a zero emissioni

“No allo stravolgimento della realtàarse.png in merito al Superbonus, uno dei pochi strumenti di politica industriale adottato in questo Paese - dichiara Riccardo Bani, Presidente di ARSE, Associazione per il Riscaldamento Senza Emissioni - . È bene ribadire con nettezza che dei 4,4 miliardi di frodi denunciate pubblicamente dal Governo ben 3,5 miliardi (circa l’80%) sono da attribuirsi al bonus facciate e agli ecobonus. Il Superbonus pesa per appena 132 milioni di euro (solo il 3%). Accogliamo dunque con favore il decreto del Ministro della Transizione Ecologica, che definisce i costi massimi specifici agevolabili, per alcune tipologie di beni, ai fini dell'asseverazione della congruità per il superbonus. Sgombrato il campo da equivoci e fake news, si affrontino le criticità tenendo la barra dritta sulle finalità della misura, ovvero coniugare ripresa economica, vantaggi di lungo periodo per i consumatori finali in termini di riduzione della spesa energetica e abbattimento delle emissioni inquinanti”.
 
No alle caldaie a gas
“Arse chiede inoltre di rimodulare il Superbonus escludendo tecnologie inquinanti come le caldaie a gas e mantenendo le premialità a edifici a zero emissioni” dichiara il Presidente Bani, ricordando che “come indicato da Bruxelles con la Direttiva EPDB sulla prestazione energetica degli edifici, bisognerà arrivare ad abolire i bonus per le caldaie a gas dal 2027 e a eliminare i combustibili fossili nel riscaldamento entro il 2040”. Oggi con le tecnologie esistenti, secondo l’Associazione, è già possibile sostituire un milione di caldaie con pompe di calore geotermiche riducendo le emissioni nel nostro Paese di circa 13 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, tanto quanto ottenuto da circa 20.000 MW di fotovoltaico, dimezzando la bolletta del riscaldamento delle famiglie e riducendo anche le nostre importazioni di gas dall’estero.
 
Un decalage degli interventi
“Proponiamo - continua Riccardo Bani - un decalage crescente per tutti quegli interventi che generano un beneficio contenuto in termini di riduzione di energia primaria fossile e che non vanno nella direzione della decarbonizzazione. È necessario, invece, promuovere e premiare maggiormente solo quegli interventi che portano ad importanti riduzioni di energia primaria fossile, con l’azzeramento delle emissioni in loco dell’edificio”. La transizione ecologica passa indiscutibilmente dalla riqualificazione energetica degli edifici, perché il parco edilizio italiano è realmente lontano dai requisiti necessari a concorrere alla decarbonizzazione del Paese: 17,5 milioni su 25,5 abitazioni italiane usano il metano, si usano le biomasse in 3,6 milioni di abitazioni, il riscaldamento elettrico e il gasolio in 1,3 milioni e il GPL in 1,2 milioni di case”. “La soluzione è sotto di noi - conclude Bani - ovvero pompe di calore che utilizzino tecnologie innovative che possano sostituire con efficienza le caldaie, sfruttando una fonte di calore naturale come il terreno o le acque di prima falda o l’aria stessa”.
 
Come funziona una pompa di calore ad alta temperatura
Le caldaie oggi possono essere sostituite con tecnologie più efficienti, a 0 emissioni, lì dove il calore viene prodotto, perché una pompa di calore, in particolare quella elettrica ad elevata efficienza, utilizza tre quarti dell’energia prelevata gratuitamente dalla natura e un quarto di energia elettrica. Per produrre 100 unità di energia termica con una caldaia ne servono mediamente 118 di energia del combustibile; per produrre le stesse 100 unità di energia termica con una pompa di calore ne servono solo circa 25 di energia elettrica. Il resto del calore lo fornisce la natura gratuitamente. Il calore fornito all’impianto di riscaldamento o di acqua calda sanitaria viene estratto per il 75% circa dalla risorsa naturale, e “sollevato” alla temperatura necessaria, utilizzando una minima parte di energia elettrica. Le acque di prima falda, quella non potabile e presente pochi metri sotto il suolo, e il terreno stesso sono infatti straordinari accumuli naturali di calore, che mantengono una temperatura pressoché costante tutto l’anno anche in zone climatiche fredde. A parità di riscaldamento offerto, una caldaia, per contro, deve bruciare sul posto circa il 120% di energia chimica del combustibile fossile o biomassa. Questa soluzione tecnologica, viste le alte temperature di esercizio raggiungibili (fino ai 90 °C), può essere efficacemente applicata anche al settore industriale, alberghiero (che a partire dal 2022 gode di crediti di imposta all’80%), alla PA oggi costretta all’austerity spegnendo le luci dei monumenti, oltre ovviamente  all’edilizia residenziale.

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