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L’attacco di Israele. Ecco che cosa può succedere al prezzo del petrolio

where Teheran (Iran) when Lun, 16/06/2025 who roberto

Mai così alto il prezzo di tempi dell’attacco russo in Ucraina. Preoccupa lo stretto di Hormuz dove potrebbero essere a rischio fino a 14 milioni di barili al giorno.

Con gli attacchi militari di Israelepexels-photo-6003970.jpeg in Iran e l’inizio di una nuova guerra, anche i prezzi del petrolio hanno registrato un'impennata straordinaria, riaccendendo i timori di un'escalation in una regione che rappresenta un terzo della produzione mondiale di greggio. Il greggio sui mercati asiatici fa registrare aumenti di circa il 9%, con il Wti che giorni fa si ara attestato a 73,92 dollari e il Brent aveva toccato 75,10 dollari al barile. Si tratta del maggior rialzo da marzo del 2022, quando l'invasione russa dell'Ucraina scatenò un'analoga corsa dei prezzi energetici. Non da meno il greggio americano che insieme al Brent registra rialzi del 9%. La forte volatilità si riflette anche sui mercati finanziari.
 
Un quadro preoccupante
"Siamo tornati in un contesto di forte incertezza geopolitica che richiede l'inclusione di un premio di rischio maggiore per eventuali interruzioni dell'offerta di petrolio", ha spiegato Warren Patterson, strategist di Ing, a Milano Finanza. L'improvvisa impennata del prezzo greggio ha cancellato le perdite accumulate da inizio anno, causate dalle tensioni commerciali globali e dalla decisione dell'Opec+ di riattivare la capacità produttiva più rapidamente del previsto.
Gli scenari prospettati dagli analisti disegnano un quadro preoccupante. In settimana JP Morgan Chase ha avvertito che, in uno scenario estremo in Medio Oriente, i prezzi potrebbero toccare i 130 dollari al barile. Se dovessero essere colpiti gli asset iraniani di trasporto e produzione, potrebbero essere a rischio fino a 1,7 milioni di barili al giorno. In questo caso, secondo le stime di Ing, il Brent potrebbe arrivare a 80 dollari, stabilizzandosi probabilmente intorno a 75.
 
Un passaggio stretto
Ma a preoccupare i mercati è soprattutto lo scenario dello Stretto di Hormuz tra Iran e Oman, centro nevralgico delle esportazioni di idrocarburi via mare da parte dei Paesi arabi del Golfo Persico e dell'Iran. Questo passaggio strategico vede transitare circa un quarto del commercio mondiale di petrolio. Se si verificassero disagi in questa regione, potrebbero essere a rischio fino a 14 milioni di barili al giorno, con i prezzi che potrebbero volare fino a 120 dollari. In caso di conflitto prolungato, gli esperti non escludono nuovi record oltre la soglia di 150 dollari toccata nel 2008. E un aumento prolungato dei costi energetici rischierebbe di alimentare l'inflazione globale, complicando il lavoro delle banche centrali, Federal Reserve inclusa, già alle prese con le conseguenze delle tensioni commerciali.

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