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​Polemica: i biocarburanti affamano il mondo. Però meno del cotone o del caffè

where Milano when Lun, 07/03/2016 who redazione

Uno studio del Politecnico di Milano mette sotto accusa la mobilità sostenibile. E sbaglia mira

di Pepi Katona
 
oilpalmmalaysia.jpgGrano e soia, mais e canna da zucchero coltivati per alimentare le auto, attraverso la produzione di biocarburanti di prima generazione che promettono di ridurre il ricorso al petrolio, se fossero usati invece come cibo, potrebbero sfamare un terzo delle persone malnutrite nel mondo.
Nel 2013 per i biocombustibili si sono utilizzati il 4% delle terre agricole e il 3% dell'acqua dolce dedicata alla produzione di cibo: un quantitativo di risorse naturali sufficiente a dar da mangiare a 280 milioni di persone: questo, in sostanza, dice una ricerca del Politecnico di Milano pubblicato sulla rivista Scientific Reports.

I dati divulgati dal Politecnico sono veri, inoppugnabilmente veri, ma il loro utilizzo è strumentale: perché bisognerebbe rinunciare ai biocarburanti, nemici del petrolio, invece di rinunciare ad altre produzioni che, anch’esse, non sfamano i poveri del mondo?
Nel mondo la coltura del cotone (in gran parte Ogm) sottrae all’alimentazione umana 30 milioni di ettari. Ci si potrebbe vestire tutti di poliestere e fare sparire la fame nel mondo.
Nel mondo la coltura del granturco (in gran parte Ogm) sottrae all’alimentazione umana per nutrire vacche da allevamento 176 milioni di ettari. Si potrebbe rinunciare agli hamburger e destinare quel granturco a fare polenta per fare sparire la fame nel mondo.

Ecco che cosa dice il Politecnico di Milano. Nel 2013 nel mondo sono stati usati come carburante 65 milioni di tonnellate di alcol e 21 milioni di tonnellate di biodiesel, alla cui produzione sono stati destinati 41,3 milioni di ettari di colture e 216 miliardi di metri cubici d'acqua. L'Italia è il quinto consumatore mondiale - dopo Usa, Brasile, Francia e Germania - di biodiesel, cui ha dedicato 1,25 milioni di ettari di terreno e 4,3 miliardi di metri cubici d'acqua. Le risorse agricole che impiega potrebbero essere usate per coltivare cibo per 200 milioni di persone. Il biodiesel è invece ricavato chimicamente da olio di palma, soia e colza.

Alcune considerazioni.

Primo: il problema è la distribuzione del cibo, non la sua produzione. Le colture agricole destinate all’alimentazione sono esattamente quelle che vengono richieste dal consumo alimentare. Anzi, nel mondo “sviluppato” esiste già un marcato problema di sovrapproduzione. Se la domanda di cibo aumentasse, gli agricoltori aumenterebbero la produzione di colture alimentari. Gli agricoltori mettono a coltura le piante che vengono richieste dai consumatori, laddove esiste un mercato. Questo, purtroppo, non aiuta a alleviare le condizioni di chi non ha risorse economiche per accedere a adeguate risorse alimentari.

Secondo. È già diffusa la coltura di piante non commestibili destinate alla produzione di energia. Per esempio la giatrofa, i cui semi oleosi non possono essere mangiati. Oppure si usano alghe, scarti della produzione agricola, i grassi alimentari già usati come quelli delle fritture industriali.

Terzo. Scandalizzarsi perché i biocarburanti sottraggono cibo agli affamati e continuare a destinare 11 milioni di ettari alla coltura di caffè, e molti altri a quella di cacao, pare forse un po’ ipocrita.

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Una piantagione di palme da olio in Malesia
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