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Scenari. Confindustria, il gas è centrale per la competitività della nostra industria

where Roma when Lun, 11/11/2019 who roberto

Secondo il report Confindustria, la complessità delle sfide ambientali ed energetiche future non può portare il paese a puntare su un’unica tecnologia. E il gas sarà centrale per gestire la transizione verso gli obiettivi fissati dal Pniec e dalla Ue

Il gas deve essere centrale per la sicurezza confindustria.jpgenergetica, che non può essere affrontata schierando il sistema su una sola tecnologia e non far perdere così competitività al nostro sistema economico. A sostenerlo è  lo studio di Confindustria coordinato dal vicedirettore politiche industriali Massimo Beccarello presentato al  convegno “Sistema gas naturale, transizione e competitività”
 
Il documento, realizzato in collaborazione con Nomisma Energia, parte dal ruolo centrale che il gas dovrà assumere nella generazione elettrica in Italia e dal supporto all’intermittenza delle rinnovabili che dovrà assicurare nel prossimo futuro. Da qui la necessità, suggerisce il report, di puntare sulla piena integrazione del sistema energetico, affiancando un’adeguata copertura infrastrutturale a una crescente elettrificazione dei consumi. Che vuol dire, soprattutto, insistere - avendo come bussola l’obiettivo di fare dell’Italia un hub del gas -, sulla diversificazione di fonti e rotte di approvvigionamento sia verso il corridoio Sud (completando il Tap per cominciare) sia verso il Nord Europa.
 
Lo studio evidenzia il perdurare di due criticità: la prima rinvia all’enorme dipendenza energetica dell’Italia dall’estero: circa il 75%, ben al di sopra della media dei paesi europei (54%), livello che sale oltre il 90% se si considera anche il petrolio. Con il risultato che, nel 2018, a fronte di un consumo di energia pari 160 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (tep), ne abbiamo coperti oltre 100 milioni importando idrocarburi. E la bolletta energetica è arrivata così a 40 miliardi (il 2% del Pil italiano). Strettamente collegata a questa, poi, c’è una seconda debolezza: il calo, nonostante le importanti riserve, della produzione nazionale, soprattutto nei giacimenti a mare, bloccati da vincoli legislativi che di fatto ne impediscono lo sfruttamento. E che impattano inevitabilmente su una filiera nazionale che ha saputo innovare e valorizzare le sue competenze e che conta 100mila addetti e oltre 20 miliardi di export.

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