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​Shipping, gli Usa cedono il passo alla Cina nella leadership dell’import di petrolio

where Milano when Lun, 16/12/2013 who michele

Lo si apprende dal report Sace “Shipping, quali prospettive per il segmento oil taker”. Dal picco registrato nel 2005 dei 10,1 milioni di barili al giorno (mb/d), l’import di greggio negli Stati Uniti è fortemente diminuito. Sarà la crescente domanda cinese di greggio a guidare le future dinamiche del settore

Gli Stati Uniti stanno lasciando il passo alla Cina come primo importatore mondiale di greggio, grazie alla crescente produzione domestica di petrolio da fonti non convenzionali. È quanto si legge nello studio Sace: “Shipping, quali prospettive per il segmento oil taker”. Questa dinamica sta avendo impatti rilevanti sull’evoluzione del settore shipping;  se da un lato, infatti, si sono registrate ripercussioni negative per gli operatori nel segmento Suezmax2 - il principale tanker utilizzato per il trasporto di greggio verso il mercato statunitense - , dall’altro lato la crescente domanda cinese di petrolio sta diventando fondamentale per la sopravvivenza degli operatori VLCC (Very large crude carriers), dal momento che attualmente il paese registra una dipendenza dall’import di oil pari a circa il 57% della domanda interna (61% entro il 2015).
Dal picco registrato nel 2005 dei 10,1 milioni di barili al giorno (mb/d), l’import di greggio negli Stati Uniti è diminuito grazie a un consumo più efficiente di petrolio e all’aumento nell’utilizzo di gas in relazione ai più stringenti requisiti ambientali. Questa dinamica è stata amplificata negli ultimi anni dalla rivoluzione del tight oil: la produzione di greggio nordamericana è infatti aumentata fino a 6,5 mb/d nel 2012, dai 5 mb/d del 2008, grazie all’introduzione di nuovi metodi di estrazione (come il fracking e l’horizontal drilling).
Nel 2012 l’import di crude è stato di 8,4 mb/d, un livello inferiore rispetto ai 9,8 mb/d del 2008 e, secondo la International Energy Agency (IEA), entro il 2020, dovrebbe scendere ulteriormente a circa 6,8 mb/d4.
La produzione di tight oil negli Stati Uniti è a basso tenore di zolfo, il che sta avendo un impatto negativo sulle importazioni di greggio dal nord Africa (soprattutto dall’Algeria) e dall’Africa occidentale (in particolare dalla Nigeria), la cui produzione mostra caratteristiche chimiche omogenee a quella statunitense.
Se da una parte il mercato statunitense del petrolio sta subendo trasformazioni strutturali che incidono negativamente sul settore del trasporto via nave, d’altra parte sarà la crescente domanda cinese di greggio a guidare le future dinamiche del settore, specialmente con riferimento al segmento dei VLCCs.
Secondo alcune previsioni la Cina diventerà, infatti, il primo importatore di crude-oil entro il 2015, superando gli Stati Uniti. Il tasso di crescita medio annuo delle importazioni nette di petrolio cinesi è previsto mantenersi attorno al 4 % nel periodo 2014-2018; un tasso comunque inferiore rispetto all’11,8% del periodo 2009-2013. Tale rallentamento è da ricondurre al cambio di passo della crescita cinese che, secondo le previsioni del FMI, passerà dal 10,3% medio annuo degli ultimi 10 anni al 6,14% del periodo 2013-2018.
Il cambio di direzione nel commercio di crude oil pone la Cina in una posizione dominante, in particolare nei confronti degli operatori dell’Africa occidentale. Alcuni buyer cinesi stanno già dettando i termini contrattuali nei confronti dei produttori, dal momento che la bassa domanda da parte degli Stati Uniti sta forzando gli esportatori africani (soprattutto Nigeria e Angola) a competere per aggiudicarsi nuovi acquirenti in Asia.
 
 

 
 

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