Il vertice dell’Eni sospettato di aver pagato tangenti in Nigeria
Commento di Renzi su Twitter: “Rispetto le indagini e aspetto le sentenze”
“Sono felice di aver scelto Claudio Descalzi ceo di Eni. Potessi lo rifarei domattina”. Lo afferma su Twitter il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, commentando l'indagine su presunte tangenti in Nigeria che vede coinvolto l'attuale amministratore delegato Claudio Descalzi. “Io rispetto le indagini e aspetto le sentenze”. Le fonti giudiziarie confermano che l'attuale amministratore delegato dell’Eni e il suo predecessore Paolo Scaroni sono sospettati di corruzione internazionale dalla procura di Milano, nell'ambito di un’inchiesta che vuole verificare se è vera l’ipotesi di una tangente pagata in Nigeria.
Oltre a Descalzi e Scaroni, risultano indagati per lo stesso reato anche Roberto Casula, capo della divisione Impiantistica, piattaforme e sviluppo del gruppo, Luigi Bisignani e il mediatore Gianluca Di Nardo.
Inoltre, era già emerso nei mesi scorsi che l'Eni è indagata per la legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti.
I nomi dei nuovi indagati sono emersi alla luce della decisione dell'autorità giudiziaria inglese che, su richiesta dei pm di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, ha sequestrato 83 milioni di dollari sul conto di un intermediario.
Per i pm milanesi c'è il sospetto che quei soldi siano il frutto di corruzione, insieme ad altri 110 milioni di dollari già sequestrati in Svizzera nei mesi scorsi sempre agli intermediari.
La tangente – questa l’ipotesi da verificare – potrebbe essere stata pagata dall'Eni nell'operazione che ha portato il gruppo, all'epoca guidato da Scaroni, a ottenere in Nigeria la concessione di Opl-245, per fare esplorazione petrolifera in un tratto di mare davanti al Paese africano. Descalzi è indagato in quanto all'epoca dei fatti (2011) era a capo della divisione E&P (Exploration & Production).
In questi giorni alla Southwark Crown Court di Londra - l'autorità che ha bloccato gli 83 milioni di dollari su richiesta dei pm mianesi - è cominciata la causa civile sul sequestro. La magistratura inglese ha notificato alle parti punta ad appurare se è vero che l'Eni nel 2011 nell'ottenimento della concessione (interessate dal provvedimento di sequestro la sua decisione.
La procura di Milano con la sua inchiesta pagata 1 miliardi e 90 milioni di dollari, cui si aggiungono circa 200 milioni già versati in passato dalla Shell) ha pagato tangenti a pubblici ufficiali nigeriani (come l'ex ministro nigeriano Dan Etete - che si era autoassegnato la concessione Opl-245, e il figlio dell'ex presidente Abacha), tramite l'intervento di intermediari nigeriani (Erneka Oni), russi (Ednan Agaev) e anche italiani (Di Nardo e Bisignani).
L’Eni ha ribadito l’estraneità da qualsiasi condotta illecita sull'acquisizione del blocco OPL 245 avvenuta nel 2011. La Spa sottolinea in una nota di avere stipulato gli accordi per l'acquisizione del blocco unicamente con il Governo Nigeriano e la società Shell. L'intero pagamento per il rilascio a Eni e Shell della relativa licenza è stato eseguito unicamente al Governo nigeriano. L’Eni sta prestando la massima collaborazione alla magistratura e confida che la correttezza del proprio operato emergerà nel corso delle indagini.