La ricerca. Così sono cambiati gli oceani negli ultimi 25 anni
Pubblicato su “Science Advances” lo studio condotto da Cnr-Ismar e Stazione Zoologica Anton Dohrn che analizza l’impatto dei cambiamenti climatici sugli organismi marini microscopici. Il riscaldamento della superficie delle acque appare globalmente più veloce.
Il riscaldamento globale influisce non solo sulla temperatura superficiale degli oceani, ma anche sul ciclo idrologico, sulle correnti, sul rimescolamento superficiale e, a cascata, sugli scambi tra gli strati superficiali e profondi delle acque. Inoltre, il riscaldamento della superficie del mare appare globalmente più veloce (circa 0.022 gradi centigradi l’anno anziché 0.014) una volta isolate correttamente le oscillazioni naturali, in particolare quelle della fascia tropicale del Pacifico. È quanto emerge dallo studio condotto da Cnr-Ismar e Stazione Zoologica Anton Dohrn pubblicato su Science Advances.
Calore e salinità
Lo studio, che adotta un approccio innovativo per comprendere come gli oceani, negli ultimi 25 anni, abbiano risposto ai cambiamenti climatici e l’impatto di tali cambiamenti sugli organismi marini microscopici, rivela anche che alcuni dei principali sistemi di correnti marine si stanno spostando latitudinalmente e gli scambi verticali si stanno intensificando, modificando il rinnovo delle acque oceaniche profonde e l’immagazzinamento di calore da parte degli oceani. Anche il cambiamento a lungo termine del contenuto di calore e salinità lungo la colonna d’acqua rivela una risposta più complessa rispetto al semplice aumento della stratificazione associata al riscaldamento superficiale.
Il metodo
Lo studio ha coinvolto un team di ricerca dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Ismar) e la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli (Szn). Per la prima volta ha applicato un modello climatico a ricostruzioni 3D basate sulle osservazioni per comprendere lo stato di salute degli oceani negli ultimi 25 anni: l’obiettivo era quantificare e descrivere la dinamica dei cambiamenti avvenuti in questo arco temporale e il loro impatto su fitoplancton e altri organismi marini.
Per quanto riguarda i cambiamenti osservati nell’abbondanza di fitoplancton, le microalghe che costituiscono la base della catena alimentare e contribuiscono al sequestro della CO2 atmosferica, questi sono stati analizzati attraverso una classificazione geografica che ha permesso di tenere in considerazione fattori fisici locali. “In questo modo, grazie a tecniche di machine learning (intelligenza artificiale, ndr), abbiamo offerto una base solida per studiare l’impatto del cambiamento climatico sugli ecosistemi marini, che permetterà in futuro di comprendere meglio la relazione tra la dinamica oceanica e la risposta del plancton, anche tramite l’uso di approcci innovativi quali lo studio del dna e rna degli organismi, un campo di ricerca nuovo per la comunità scientifica”, spiega Daniele Iudicone (Szn) che ha condotto lo studio assieme a Bruno Buongiorno Nardelli (Cnr-Ismar). “Queste conoscenze potranno inoltre guidare lo sviluppo di strategie più efficaci per il monitoraggio degli oceani”, aggiungono i ricercatori.
Nell’immagine, la classificazione geografica delle regioni oceaniche che mostrano dinamiche di cambiamento omogenee (Cnr-Ismar e Szn).