Ecco che cosa dicono i dati del primo Rapporto di sostenibilità di Biorepack
Il documento calcola gli impatti del sistema Biorepack e degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile. In un anno 9,4 milioni di euro distribuiti ai gestori della raccolta differenziata e quasi mezzo milione di euro investiti in ricerca e sviluppo. Fotografate anche le performance socio-ambientali ed economiche delle aziende consorziate
Cinque milioni di tonnellate di rifiuti umidi raccolti da cucine e mense, 1,9 milioni di tonnellate di compost prodotto, 410mila tonnellate di carbonio organico riportato nei terreni agricoli, 5,6 milioni di tonnellate di CO2 equivalente l’anno risparmiate rispetto all’avvio in discarica, 409 milioni di metri cubi di biogas prodotti (411 GWh di energia elettrica, 169 GWh di energia termica e 167 milioni di metri cubi di biometano). E ancora, 9,4 milioni di euro distribuiti tra i Comuni e i soggetti gestori della raccolta differenziata in tutta Italia, 436mila euro di investimenti in ricerca e sviluppo e 37mila studenti coinvolti in attività educative. Sono davvero molti i numeri positivi, in termini di impatto ambientale, sociale ed economico, resi possibili dal sistema Biorepack e dalla filiera degli imballaggi in bioplastica compostabile. Li ha messi insieme la School of Management dell’università Bocconi di Milano che ha redatto il primo rapporto di sostenibilità di Biorepack.
“Il rapporto di sostenibilità - spiega Francesco Bertolini, docente della Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi, che da più di 30 anni svolge attività di insegnamento e ricerca in ambito internazionale sui temi della sostenibilità - riporta le performance di un'organizzazione rispetto a questioni ambientali, sociali ed economiche. Fornisce un resoconto delle attività e degli impatti dell'azienda su tali tematiche in un determinato periodo di tempo. Rappresenta uno strumento chiave per comunicare in modo trasparente con gli stakeholder, siano essi investitori, dipendenti, clienti, autorità regolatorie, comunità locali o cittadini. Attraverso esso, si possono infatti documentare gli sforzi dell’organizzazione per operare in modo responsabile, riducendo l'impatto ambientale, promuovendo il benessere sociale e governando in modo etico”.
Gli impatti positivi
In particolare, il rapporto 2023 realizzato per Biorepack è il primo strumento completo che affronta il tema della sostenibilità, calato nel contesto dell’azione del consorzio: gli analisti Bocconi hanno incentrato la rendicontazione sull’anno 2023 (o sul 2022 laddove non fossero ancora disponibili i dati più recenti) e hanno preso il 2021 come “anno zero” per valutare i progressi fatti. Il rapporto SDA Bocconi ha messo inoltre in correlazione le attività della filiera delle bioplastiche compostabili con gli sdg dell’Onu (obiettivi di sviluppo sostenibile). Dall’analisi emerge che la scelta del packaging biodegradabile e compostabile incide positivamente su molti degli obiettivi individuati come globali dalle Nazioni Unite. Tra di essi, in particolare si segnalano impatti positivi sul fronte della sicurezza alimentare, della crescita economica sostenibile, della lotta al cambiamento climatico e dello sviluppo di città e comunità sostenibili.
“Nei suoi primi 3 anni di attività, il nostro consorzio ha consentito alla filiera delle bioplastiche di gestire al meglio il riciclo organico dei propri imballaggi, contribuendo positivamente ai risultati di riciclo in Italia e promuovendo il corretto conferimento dei manufatti da parte dei cittadini nella raccolta differenziata dell’umido domestico e la loro corretta etichettatura e riconoscibilità” commenta Marco Versari, presidente di Biorepack. “In questo modo abbiamo potuto valorizzare la raccolta della frazione umida dei rifiuti, che, attraverso il compostaggio, diventa una risorsa biologica strategica per mantenere la salute del suolo”.
Le performance
Il rapporto di sostenibilità di Biorepack è stata anche l’occasione per fotografare le performance ambientali, sociali ed economiche dei propri consorziati. Un modo per restituir loro un’immagine del settore in ottica di contributo a una maggiore sostenibilità. Nei mesi scorsi ha quindi sottoposto un questionario ai suoi 222 consorziati e ai potenziali utilizzatori finali degli imballaggi compostabili. Dai dati emerge che il 64% di loro conosce gli sdg, la metà dei consorziati mette in atto strategie per ridurre le proprie emissioni, il 35% reintroduce gli scarti di lavorazione nei processi produttivi e il 30% calcola le proprie emissioni di CO2. L’84% adotta iniziative e buone pratiche per la gestione dei propri dipendenti. Più indietro è l’adozione di un report di sostenibilità (adottato da appena il 16% delle aziende) anche se un ulteriore 24% intende predisporlo a breve.
“Il passaggio da un'economia lineare a una circolare è iniziato, ma è un percorso lungo, complesso e articolato. In questa complessità Biorepack vuole giocare un ruolo di facilitatore” spiega Carmine Pagnozzi, direttore generale di Biorepack. “Da un lato vuole aiutare la crescita di un settore innovativo come quello delle bioplastiche. Dall’altro intende favorire uno sviluppo nel quale gli indicatori di performance non siano più solo quelli economici, ma quelli compatibili con un equilibrio tra l’ecosistema e la società. Il piano strategico di Biorepack si inserisce in questa cornice valoriale. Ci impegneremo per consolidare questo approccio con tutti i nostri consorziati, siano essi produttori o utilizzatori di bioplastica”.