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Greenpeace: la plastica compostabile non si degrada negli impianti. La replica di Assobioplastiche e Biorepack: giudizio superficiale

where Roma when Mar, 24/05/2022 who roberto

L’indagine dell’associazione ambientalista mette nel mirino le bioplastiche rigide. Assobioplastiche e Biorepack: frutto di un’indagine parziale che non ha coinvolto nemmeno i compostatori

La maggior parte dei prodotti compost-biorepack.jpgmonouso in plastica compostabile in Italia finisce in impianti che non sono in grado di trattarli efficacemente, e così alla fine vengono buttati negli inceneritori o in discarica.  Lo sostiene un'indagine dell'Unità Investigativa di Greenpeace Italia. In Italia i prodotti monouso in plastica compostabile come piatti, posate e imballaggi rigidi devono essere smaltiti insieme agli scarti alimentari. Tuttavia, stando ai dati del Catasto rifiuti di ISPRA, il 63 per cento della frazione organica è inviato a impianti che difficilmente riescono a degradare le plastiche compostabili, che quindi finiscono per essere scartate. Il resto finisce in impianti di compostaggio che abitualmente operano con tempistiche troppo brevi per garantire la compostabilità.  "Considerato i problemi di trattamento delle plastiche compostabili - commenta Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace -, è incomprensibile che l'Italia continui a incentivare questi materiali. Siamo di fronte a un greenwashing di Stato, che si trasforma in una truffa nei confronti della collettività. Mentre il resto dell'Europa va verso soluzioni basate sulla dematerializzazione del packaging e sull'impiego di prodotti durevoli e riutilizzabili, in Italia si incentiva il monouso in plastica compostabile. Come dimostra la letteratura scientifica internazionale, i maggiori benefici ambientali si ottengono abbandonando l'usa e getta, indipendentemente dalla tipologia di materiale".

 
Cosa risponde il mondo della bioplastica
Immediata la replica di Assobioplastiche e Biorepack, che parla di giudizio parziale e superficiale. L’associazione dei produttori di biopolimeri e il consorzio per il loro riciclo replicano con un comunicato a pagamento pubblicato su alcuni quotidiani.
“Non siamo sorpresi – affermano le organizzazioni industriali nel comunicato – delle affermazioni di Greenpeace Italia, frutto di un’indagine parziale e superficiale che mette sul banco degli imputati le bioplastiche compostabili, sfruttando le dichiarazioni di alcuni accademici e operatori del riciclo. Significativo di questo approccio pregiudiziale è il mancato coinvolgimento nella presunta indagine degli attori fondamentali della filiera industriale e del riciclo delle bioplastiche – Assobioplastiche e Biorepack – e dell’organizzazione rappresentativa degli impianti di riciclo organico, il CIC-Consorzio italiano dei compostatori. Il miglioramento dei sistemi è sempre frutto di un confronto, ma Greenpeace Italia ha preferito usare argomenti artificiosamente infondati e parziali che puntano a distruggere un’innovazione pensata per migliorare l’ambiente e per questo accolta positivamente dalla maggioranza degli ambientalisti italiani.
 
La difesa di Rossella Muroni
"Siamo il Paese che ha inventato e investito sulle bioplastiche come alternativa sostenibile alla plastica. Il riuso e la riduzione dei rifiuti sono l'opzione preferibile, ma quando non è possibile avere prodotti riutilizzabili le plastiche biodegrabili e compostabili sono una soluzione amica di ambiente e buona economia. Tanto più perché vantiamo un secondo primato: in Europa siamo il Paese più avanzato nella raccolta differenziata della frazione organica, che è la destinazione finale delle bioplastiche biodegradabili e compostabili che vengono recuperate negli impianti di compostaggio e in quelli che producono anche biometano”. Così la vicepresidente della commissione Ambiente della Camera, Rossella Muroni, esponente di FacciamoEco, che aggiunge “Si tratta di vera economia circolare. Il caso shopper insegna: siamo stati i primi a mettere al bando gli shopper in plastica, misura che insieme alla promozione del riuso ci ha permesso di ridurre i sacchetti per l'asporto merci di circa il 70% tra il 2007 e il 2020. Una filiera da alto tasso di innovazione e sostenibilità, che impiega circa 2.800 addetti. Che non ha quindi alcun senso mettere sotto accusa, come fa la recente indagine di Greenpeace, che si preoccupa dello smaltimento di una piccola quota di quelle bioplastiche (quelle rigide) che, peraltro, vengono trattate tranquillamente e con successo nella stragrande maggioranza degli impianti".L’indagine dell’associazione ambientalista mette nel mirino le bioplastiche rigide. Assobioplastiche e Biorepack: frutto di un’indagine parziale che non ha coinvolto nemmeno i compostatori
 

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