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​Il riciclo spiegato: Conai mostra dal vero il percorso del riciclo grazie alla collaborazione con Montello

where Milano when Mar, 08/10/2013 who michele

Montello spa è un esempio di come l’ambiente faccia bene all’economia: da acciaieria in difficoltà a maggior azienda italiana di selezione, recupero e riciclo degli imballaggi di plastica post-consumo, dalla quale passano circa 120mila tonnellate all’anno di imballaggi, il 60% di quanto raccolto in Lombardia, per un bacino d’utenza di circa 6 milioni di abitanti

Di riciclo si sente spesso parlare, ma non sempre si hanno ben chiare le fasi del processo né quanto possa effettivamente rappresentare un ottimo business. Che inizia con la plastica ovunque, accatastata in cumuli di sacchi scaricati dai camion delle raccolte differenziate o impilata ordinatamente dopo la prima selezione in enormi cubi pronti ad essere avviati al riciclo. Montello SpA, l’azienda che ha aperto i battenti per spiegare i segreti della nuova vita dei materiali, è la più grande azienda italiana di selezione, recupero e riciclo degli imballaggi di plastica post-consumo.
Lo stabilimento sorge in provincia di Bergamo, ed era in origine un’acciaieria, convertita al trattamento dei rifiuti verso la fine degli anni ’90; si estende su una superficie di 350mila metri quadri e tratta circa 120mila tonnellate di plastica e 210mila tonnellate di “umido” all’anno.
La storia la racconta il presidente, Roberto Sancinelli: nel ’96, durante una delle ricorrenti crisi del mercato dell’acciaio, accetta di aprire la discarica di rifiuti speciali dello stabilimento allo smaltimento dei rifiuti urbani in eccesso di Milano. Dai primi trattamenti artigianali Sancinelli si rende conto che i rifiuti sono una miniera di materiali recuperabili e, sull’onda dell’entrata in vigore del decreto Ronchi, comincia ad attrezzarsi per il trattamento e il riciclo della plastica e dell’umido. Oggi la Montello SpA è un’azienda che impiega circa 400 lavoratori, a fronte dei circa 300 impegnati nella vecchia acciaieria, ed è uno dei pochi impianti integrati verticalmente per la selezione prima e il riciclo poi delle plastiche provenienti dalle raccolte differenziate.
Passa di qui circa il 60% di quanto raccolto in Lombardia, per un bacino di utenza di circa 6 milioni di abitanti. Non si butta praticamente nulla: la percentuale di recupero a nuova vita delle plastiche raccolte nella differenziata è del 75%, il 25% restante viene trasformato in combustibile solido secondario (CSS) e avviato nei cementifici per integrare il pet-coke nei forni di combustione.
La prima selezione del materiale da recuperare utilizza una sofisticata tecnologia a raggi infrarossi (NIR, near infrared) in grado di identificare e separare le plastiche per tipo di polimero e, per il Pet, anche in base al colore. La selezione viene affinata in più passaggi su nastri trasportatori che corrono alla velocità di 3 metri al secondo (quasi 11 km/h) e a fine linea le ultime impurità vengono rimosse manualmente dagli addetti. Al termine del ciclo le plastiche sono dunque separate in tipologie omogenee: le bottiglie di pet divise per colore (trasparente, azzurro e misto), i flaconi di detersivo, gli altri imballaggi quali vaschette, blister, shopper, ecc.
A valle della prima selezione dei materiali ci sono le linee di trasformazione dei rifiuti in materie prime seconde. Le bottiglie, dopo accurati lavaggi, vengono ridotte in scaglie riutilizzabili per la produzione di nuovi termoformati da imballaggio, di prodotti per l’edilizia, per l’auto o i classici pile nell’industria tessile. Dai flaconi di detersivo e simili, sempre dopo triturazione, lavaggio e centrifugazione, si ottengono invece granuli estrusi di polietilene ad alta densità (HDPE) impiegati in larga misura nella produzione di tubi e isolanti per l’edilizia. Infine, dagli shopper, le pellicole e gli altri imballaggi a film, sempre dopo macinatura e lavaggio, si ricavano scaglie e granuli di polietilene a bassa densità (LDPE) impiegati nell’estrusione o stampaggio di manufatti per il settore edile, per la produzione di vasi e contenitori, per l’arredo urbano e la produzione di nuovi shopper.
Da sottolineare anche l’autosufficienza energetica dell’azienda: il biogas ricavato dalla digestione anaerobica dell’umido viene bruciato in una batteria di sei motori in cogenerazione e produce calore ed elettricità sufficiente ad alimentare l’intero stabilimento con tutte le linee di produzione, avanzando anche una parte di energia che viene ceduta alla rete, ricavandone gli incentivi previsti dal sistema dei certificati verdi.
 

 
 

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