I conti del non fare. Il no alle rinnovabili costerebbe all’Italia 137 miliardi
Presentato il rapporto annuale “Quanto costa restare fermi? I costi del non fare le rinnovabili” dell’Osservatorio Rinnovabili (OIR) di Agici. Il mancato raggiungimento degli obiettivi Pniec comporterebbe costi per 137 miliardi di euro al 2050 e la perdita potenziale di oltre 340mila posti di lavoro.
Se l’Italia non dovesse rispettare
gli obiettivi previsti dal Pniec 2024, il costo complessivo per l’economia nazionale ammonterebbe a 137 miliardi di euro al 2050, pari a oltre 5 miliardi di euro l’anno al 2050, rischiando un divario di circa 17 GW rispetto agli obiettivi previsti, con ripercussioni non solo ambientali ma anche economiche, sociali e industriali. È quanto emerge dal rapporto annuale 2025 dell’Osservatorio Rinnovabili (Oir) di Agici, dal titolo “Quanto costa restare fermi? I Costi del Non Fare le rinnovabili”. Lo studio offre un’analisi dei “costi del non fare”, stimando gli impatti economici, occupazionali e ambientali del mancato sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia attraverso il confronto tra lo scenario del Pniec 2024, che ipotizza il pieno raggiungimento dell’Italia degli obiettivi di decarbonizzazione, e del “business as usual” (bau), basato sull’attuale ritmo di crescita del Paese.
Le evidenze
L’inazione energetica comporterebbe impatti ambientali e sociali rilevanti, tra cui un consumo aggiuntivo di 233 miliardi di metri cubi di gas naturale, 10 milioni di tonnellate di olio combustibile, quasi 700mila tonnellate di carbone, oltre a 585 milioni di tonnellate di CO₂ emesse in più e la perdita potenziale di 342.480 posti di lavoro. Al contrario, il pieno raggiungimento degli obiettivi del Pniec – che prevede una crescita media annua del 9% fino a 122 GW di capacità rinnovabile al 2030 – genererebbe benefici economici complessivi superiori a 162 miliardi di euro al 2050. Di questi, il 47% deriverebbe dal minore consumo di combustibili fossili, il 26% dalla riduzione delle emissioni, il 20% dall’effetto del fotovoltaico sui prezzi dell’energia e il 6% dall’aumento dell’occupazione.
Raggiungere gli obiettivi richiederebbe un investimento aggiuntivo di 24 miliardi di euro, che sarebbe tuttavia ampiamente compensato dai benefici economici, ambientali e occupazionali derivanti da uno sviluppo accelerato delle rinnovabili.
L’analisi delle strategie
Per valutare concretamente le prospettive future di investimento nelle fonti rinnovabili in Italia, Agici ha poi analizzato le strategie di 17 operatori italiani ed europei attivi nel Paese nel settore delle fonti rinnovabili e dei sistemi di accumulo. Nel mondo, nel 2024 la capacità complessiva detenuta dal campione raggiunge i 193 GW, in crescita del 51% rispetto al 2019, di cui 31 GW installati in Italia, con investimenti globali per 18 miliardi di euro, di cui 2,6 miliardi nel nostro Paese.
Per il periodo 2025-2030, gli operatori prevedono ulteriori investimenti, con l’obiettivo di realizzare 102 GW di nuova capacità a livello mondiale e 14 GW in Italia, con impegni finanziari stimati in 64 miliardi di euro a livello globale e 16 miliardi in Italia, concentrati su fotovoltaico, eolico e sistemi di accumulo.
Lo studio conferma così che investire nelle rinnovabili è una scelta economicamente vantaggiosa rispetto all’inazione e mette in evidenza le principali criticità che ancora rallentano la transizione. L’assenza di una cornice normativa stabile, i ritardi delle autorizzazioni e la mancanza di una pianificazione nazionale coordinata continuano infatti a rappresentare ostacoli significativi per imprese e investitori. Guardando al futuro, l’Osservatorio Rinnovabili sottolinea l'importanza di regole certe e regia nazionale quali condizioni indispensabili per attrarre capitali, garantire una transizione ordinata e rafforzare la sicurezza energetica del Paese.
I commenti
“È fondamentale sottolineare come al centro del discorso sulle rinnovabili ci sia un tema di sviluppo che non è solo di natura economica, ma anche sociale”, ha deto Marco Carta, amministratore delegato di Agici. “Gli impianti Fer, infatti, non vengono sviluppati nei grandi centri metropolitani, ma nelle aree più periferiche del Paese, maggiormente esposte al rischio di spopolamento e di inasprimento del disagio economico. Investire sulle rinnovabili vuol dire quindi impegnarsi anche per una crescita più uniforme del Paese, creando benessere, servizi e soprattutto occupazione qualificata nei territori che ne hanno più bisogno”.
“I risultati presentati oggi dimostrano che il costo delle rinnovabili è minimo rispetto alle spese che l’Italia dovrebbe sostenere se non investisse con decisione nelle fonti pulite” – ha sottolineato Anna Pupino (nella foto), responsabile dell’Osservatorio Rinnovabili di Agici. “Il mancato raggiungimento degli obiettivi del Pniec comporterebbe infatti costi oltre cinque volte superiori”.


