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La fine dei certificati verdi - FIPER: ridurne il valore ridà equilibrio al sistema

where Milano when Lun, 19/10/2015 who michele

Secondo uno studio sugli incentivi certi impianti arrivano al 100 % del valore della produzione e, in alcuni casi, anche oltre il 200 %

Alla vigilia del via libera della Conferenza unificata al decreto sugli incentivi alle rinnovabili elettriche non fotovoltaiche, FIPER scende in campo per contrastare la richiesta del Comitato Energia Biomasse EBS (17 operatori produttori di sola energia elettrica da biomassa) che sta facendo forti pressioni sul Governo affinché non venga ridotto il valore dei Certificati Verdi e non solo.
Calo del 30% del valore dei certificati verdi - Con l’entrata in vigore del DM in questione, a partire dal 1° gennaio 2016, si attendeva un decremento di circa il 30% del valore dei certificati verdi-CV riconosciuti alla produzione di energia elettrica da biomassa legnosa, che passerebbero così dal valore unitario attuale di 124 euro a circa 80 euro. FIPER segnala invece che i produttori di energia termica da fonte rinnovabile, in particolare i gestori di teleriscaldamento a biomassa legnosa, sono da tempo in attesa sia dell’attivazione del previsto fondo di efficienza energetica, che include anche il fondo di garanzia per l’ampliamento delle reti di teleriscaldamento, sia del nuovo conto termico. Al momento, gli incentivi riconosciuti agli impianti di teleriscaldamento a biomassa sono i titoli di efficienza energetica, che però una proposta di revisione del Ministero dello Sviluppo Economico vorrebbe completamente eliminare.

Concorrenza sleale e non riconosciuta – Inoltre, avverte Fiper, dall’entrata in vigore della legge di stabilità 2008, che ha riconosciuto i Certificati Verdi e un coefficiente moltiplicativo k=1,8 per la sola produzione di energia elettrica da biomasse legnose, si è verificata nel mercato di approvvigionamento della biomassa una concorrenza “sleale” tra i diversi utilizzatori della stessa (produzione di elettricità e di calore), con l’effetto di far “lievitare” il prezzo della biomassa legnosa, creando vere e proprie rendite di posizione a favore delle centrali incentivate. A tal punto che, nel 2013, FIPER si era rivolta all’Autorità Antitrust, la quale aveva riconosciuto la disparità di trattamento legata al riconoscimento degli incentivi tra i diversi utilizzatori, inviando al Governo una segnalazione (S1820) ed invitandolo ad intervenire affinché venisse “corretta” la distorsione della concorrenza nel mercato delle biomasse legnose. Segnalazione rimasta sinora disattesa.

Studio sui bilanci dei produttori di Biomasse Solide - Per queste ragioni, fondate su una disparità di trattamento reputata inaccettabile, a partire da luglio 2015 FIPER ha condotto uno studio su un campione di cinque imprese produttrici di sola energia elettrica da biomassa aderenti al comitato Energie Biomasse Solide EBS, che rappresentano circa l’80% della potenza installata (121 MWe) analizzando i dati dei Bilanci del periodo 2010-2014 disponibili presso le Camere di Commercio, per meglio capire l’incidenza degli incentivi sull’economia di queste imprese. Da sottolineare che FIPER aveva richiesto già nel 2014 al Ministero delle Politiche Agricole l’elenco degli impianti che beneficiavano del coefficiente K=1,8 ma si era vista negare l’accesso a tali dati in nome della legge sulla privacy, nonostante gli incentivi riconosciuti siano pubblici.

walterrighini.jpg“Ciò che emerge è sconcertante - sottolinea Walter Righini, Presidente FIPER - perché dall’analisi dei dati di Bilancio di queste cinque aziende si evince che, a fronte di un valore di produzione (vendita di energia) l’impatto dell’incentivazione (ovvero certificato verde + fattore moltiplicativo k=1,8 o k=1,3) rappresenta una percentuale superiore al 100% del valore della produzione stessa e, in alcuni casi, anche oltre il 200%, oltretutto con una distorsione allarmante: al ridursi del valore base dell’energia, aumenta l’incentivo (CV moltiplicato per il coefficiente k=1,8). Ciò a testimoniare come, da un punto di vista produttivo, questi impianti - capaci di un rendimento netto non superiore mediamente al 30-32% per la sola produzione di energia elettrica senza l’utilizzo del calore comunque prodotto, ma dissipato in barba all’efficienza energetica - non siano economicamente sostenibili se non attraverso un ‘ingente’, ingiustificato e distorcente incentivo”.
Dai bilanci esaminati, nel 2014, risulta che mediamente è stato riconosciuto, a fronte di un valore medio di energia elettrica venduta di 0,066 euro/kWh, un incentivo pari a 0,123 euro/kWh (+ 190% rispetto al valore dell’energia elettrica) e, dunque, ogni MW elettrico ha ricevuto in media 860mila euro circa di incentivo/annui. Attualmente, i 450 MW elettrici (dati Terna 2011 - produzione energia elettrica da biomassa solida) avrebbero beneficiato, secondo i nostri calcoli, di circa 390 milioni di euro/annuo.

Accordi quadro e non filiera corta – Inoltre, per questi impianti la maggioranza degli approvvigionamenti di biomassa è avvenuto attraverso la definizione di accordi quadro anziché l’acquisizione in filiera corta anche in considerazione dei grandi quantitativi di cui necessitano e non presenti nei vari mercati locali. FIPER ricorda che per una potenza di 1MW di energia elettrica necessitano 15.000 tonnellate di biomasse all’anno. A titolo di esempio, un impianto di un 20 MW elettrici ha bisogno di 300.000 t./annuo. Se questa biomassa fosse prodotta in coltivazioni dedicate (medium rotation forestry) con una produzione tal quale di 40 tonnellate per ettaro/anno, si avrebbe bisogno di un’estensione corrispondente a 75 km di lunghezza per 1 km larghezza dedicata a tal fine da moltiplicare per la durata di 5 anni al fine di garantire la continuità dei rifornimenti per il periodo di durata della medium rotation. Se questa biomassa invece, derivasse dalla manutenzione boschiva italiana, sarebbe ancora più difficile garantire quantitativi idonei, visto che il prelievo stimato a livello nazionale è di 0,71 m3/ettaro/annuo rispetto ad una media europea di 2,39 m3/ettaro/annuo (Fonte EUROSTAT 2013). Dall’analisi dei bilanci, risulta poi un caso in cui sono stati registrati ingenti costi derivanti dalla gestione navi e sdoganamento merci; e quindi, come già avvenuto nel caso del fotovoltaico, buona parte degli incentivi è finita all’estero.

Un giusto riequilibrio tra gli utilizzatori - Secondo FIPER, dunque, l’entrata in vigore del Nuovo DM FER diverso da fotovoltaico potrebbe rappresentare un punto di svolta, perché la riduzione del valore dei certificati verdi da 124 euro a 80 potrebbe determinare un riequilibrio tra i diversi utilizzatori nel mercato di approvvigionamento locale delle biomasse legnose e limitare la distorsioni della concorrenza, in considerazione del fatto che il costo della biomassa rappresenta il 50% del totale dei costi sia per la produzione di energia elettrica che termica, con la differenza sostanziale che, sinora, solo gli impianti produttori di energia elettrica hanno beneficiato di tale incentivo.
“Questi dati - conclude il presidente Righini - dimostrano quanto e in che misura le centrali di teleriscaldamento a biomassa abbiano subìto nel corso del periodo analizzato la pressione sul mercato di approvvigionamento delle biomasse legnose, dovendo competere con le centrali elettriche a biomassa che godono, come dimostrato con i dati da noi elaborati, di ingenti incentivi. A nostro avviso, gli incentivi dovrebbero essere riconosciuti in base al quantitativo di biomasse utilizzate realmente in filiera corta, e comunque con un tetto non superiore al 70% del valore dell’energia prodotta, ad ogni utilizzatore della biomassa a fini energetici. Non si può pensare di continuare a rilasciare incentivi notevolmente superiori al valore del bene prodotto, perché in questo caso non si tratta più di incentivi ma di un vero e proprio incomprensibile assistenzialismo a favore sempre e solo dei soliti noti”.

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Presidente di Fiper
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