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​Dissesto idrogeologico. ENEA presenta un nuovo progetto per prevedere i rischi da “fiumi di fango”

where Roma when Mer, 06/02/2019 who redazione

La nuova metodologia ha un approccio basato sull’incrocio di dati geografici, storici e territoriali, ma anche su studi sul campo

fiume-fiango-atene.jpgUn team multidisciplinare di ricercatori ENEA ha messo a punto una metodologia innovativa che consente di prevedere intensità e percorso dei “fiumi di fango”, un tipo di frana dagli effetti particolarmente catastrofici, e individuare aree e infrastrutture a rischio.
La novità della metodologia sta in un approccio basato sull’incrocio di dati geografici, storici e territoriali, ma anche sugli studi sul campo realizzati in occasione delle frane di Messina e sui test di mitigazione del rischio realizzati in Afghanistan con finanziamenti della Banca Mondiale.

Altro aspetto innovativo è l’attenzione alla “ricostruzione resiliente” delle aree, anche attraverso l’analisi costi/benefici e le iniziative di formazione rivolte alla popolazione. Il modello verrà applicato prossimamente a un progetto da realizzare in Perù, in collaborazione con l’Università di Torino e ad un programma per la protezione delle infrastrutture critiche in Italia.

“Una volta rese fruibili sul web, le mappe che abbiamo realizzato consentiranno alle amministrazioni pubbliche di intervenire per mitigare il danno, valutandone anche costi e benefici in un’ottica di ricostruzione resiliente” sottolinea Claudio Puglisi del Laboratorio Tecnologie per la Dinamica delle Strutture e la prevenzione del rischio sismico e idrogeologico dell’ENEA.  “Approfondire l’analisi dello stato di rischio da eventi naturali tramite la stima di intensità, velocità, area di transito e di deposito del futuro fenomeno franoso rappresenta un importante passo in avanti nella difesa di strutture e infrastrutture presenti in un’area che mostra propensione ai fenomeni franosi; si tratta inoltre di un elemento fondamentale nelle strategie di mitigazione del danno atteso che può diventare un modello replicabile ed adattabile anche in altri contesti”, spiega Puglisi.

Il metodo adottato dall’ENEA ha due livelli di approfondimento: a livello nazionale vengono individuati distinti livelli di suscettibilità per distinte tipologie di fenomeni franosi quali frane a lenta evoluzione, come le grandi colate di argilla tipiche del centro-nord Italia o della Basilicata; frane a rapida evoluzione, vale a dire i crolli di massi di roccia da pareti verticali; frane superficiali a rapida evoluzione, i cosiddetti “fiumi di fango”. A livello locale e con particolare riferimento alle frane superficiali a rapida evoluzione, alle quali è imputabile il maggior numero di vittime e di danni - come accaduto nel 1998 nell’area di Sarno (Salerno) e nel 2007 e 2009 in provincia di Messina - vengono stimate le aree di possibile propagazione del fenomeno e le energie connesse. Incrociando tali carte di pericolosità con le quelle di uso del suolo è possibile individuare le aree e infrastrutture maggiormente a rischio.

Inoltre, ENEA ha progettato e sviluppato un’apposita banca dati territoriale insieme ad un sistema di supporto alle decisioni, dotato di interfaccia WebGIS. “In questo modo, caso per caso, è possibile organizzare tutti i dati geografici e le informazioni territoriali in maniera organica, rendendoli fruibili attraverso una specifica applicazione via web. Oltre a permettere la mappatura e la condivisione dei dati e dei risultati, questa applicazione si è rivelata fondamentale per fornire un supporto decisionale agli specialisti della Banca Mondiale e ai tecnici delle istituzioni afghane interessati come utenti finali”, evidenzia Maurizio Pollino del Laboratorio Analisi e Protezione delle Infrastrutture Critiche dell’ENEA.

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