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​Pneumatici, anche i venditori web dovranno pagare la tassa ambientale

where Roma when Lun, 10/02/2014 who michele

Lo ha precisato il Ministero dell'ambiente dopo un’interrogazione. Il fenomeno degli “importatori” web con sede all’estero è in crescita. Già oggi è pari al 3% del mercato ed equivalente a 2 milioni di pezzi, 12mila tonnellate di Pfu

Anche i venditori di pneumatici via web devono pagare il contributo ambientale per il corretto smaltimento di Pfu (pneumatici fuori uso). A stabilirlo è il Ministero dell'Ambiente dopo la risposta data all'interrogazione parlamentare del presidente della Commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci, sul fenomeno della vendita al dettaglio degli pneumatici attraverso canali web, senza l'applicazione del contributo ambientale da parte di soggetti commerciali con sede all'estero.
“Siamo molto soddisfatti della risposta ottenuta dal ministero dell'Ambiente - dichiara Enrico Ambrogio, presidente di EcoTyre - sull'annosa questione che affligge il mercato degli pneumatici da ormai troppo tempo: la possibilità, da parte di soggetti commerciali con sede all'estero che operando attraverso canali web, di non pagare il contributo ambientale per lo smaltimento degli pneumatici giunti a fine vita. Come se questi pneumatici non avessero lo stesso impatto ambientale rispetto a quelli venduti attraverso canali tradizionali”.
Secondo la normativa italiana, infatti, i produttori versano un contributo, al momento dell'acquisto di uno pneumatico nuovo, a uno dei consorzi previsti, che dovrà garantire una corretta gestione del Pfu. Alcuni importatori via web, in particolare - denuncia EcoTyre - quelli con sede all'estero, aggiravano la normativa non versando il contributo ambientale. Un fenomeno in crescita, che già oggi è pari al 3% del mercato ed equivale a 2 milioni di pezzi, 12mila tonnellate di Pfu. Da queste stime, il mancato versamento del contributo ambientale ammonterebbe a circa 5 milioni di euro.
“Questo - fa sapere EcoTyre - comporta tre gravi conseguenze per il settore: un mancato introito per l'erario pari a 1 milione di euro, in ragione dell'Iva applicata al contributo; un ingiusto vantaggio sul prezzo di vendita, ottenuto dalla mancata applicazione del contributo; il fatto che questi pneumatici, non contabilizzati come immessi sul mercato, una volta giunti a fine vita ricadono sulla collettività per la loro raccolta e trattamento, per un costo stimabile in circa 5 milioni di euro”.
Nella risposta del ministero si specifica che il venditore di pneumatici stabilito in un altro Stato membro che cede a consumatori in Italia tramite “canali web” rientra nella nozione di importatore di pneumatici e pertanto deve pagare il contributo ambientale. Per la vendita effettuata da operatori extra-Ue nei confronti dei cittadini italiani, occorre - si legge nel documento del ministero - incrementare la vigilanza doganale, che deve essere messa in condizione di ricevere da produttori e importatori di pneumatici notizia dell'importo del contributo ambientale applicato per far concorrere questo contributo all'imponibile doganale e Iva nonché di stabilire con disposizione normativa le modalità di riscossione e gestione del contributo eventualmente riscosso dalle dogane.
 
 

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Operazioni di recupero pfu - ecopneus
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