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Ricerca, imprese pronte a investire in big data e intelligenza artificiale

where Milano when Mer, 20/12/2017 who roberto

Presentazione del Report I-Com, con una survey sull’utilizzo dei canali digitali da parte delle aziende a favore dei consumatori

Oltre un terzo delle grandi data-system-code-web.jpegimprese italiane (il 37%) prevede nei prossimi 3 anni di aumentare almeno del 50% le risorse umane e finanziarie dedicate ai big data, tuttavia il principale strumento digitale utilizzato dai clienti nel rapporto con le aziende rimane il tradizionale sito internet (51%). Seguono, con il 25%, l’utilizzo del mobile/smartphone e i social media con il 12%. Ancora poco diffuso l’uso di chat-bot, che si ferma al 5%. È il quadro che emerge dall’indagine condotta dall’Istituto per la Competitività I-Com per il Report “Verso l’Isola del tesoro. Le rotte dei consumatori tra protezione e mercato e la mappa della regolazione”, presentato a Roma.
Lo studio, curato da Stefano da Empoli, Presidente di I-Com, e da Silvia Compagnucci, Direttore Area Comunicazioni di I-Com, ha l’obiettivo di fornire una descrizione del grado di digitalizzazione dei mercati consumer, con focus su Big Data & Intelligenza Artificiale (IA) e cybersecurity.
Alla luce della rivoluzione digitale in atto, I-Com ha condotto una survey coinvolgendo alcune delle principali imprese italiane che operano nei mercati retail. Nello specifico, sono state interpellate 42 aziende (per il 74% si tratta di grandi imprese) attive in diversi settori industriali: assicurazioni, banche, carburanti, commercio e GDO, energia elettrica e gas, ICT e Internet, poste, servizi Idrici, Tlc e media, trasporti. L’obiettivo è comprendere il livello di sviluppo dei Big Data e del canale digitale nelle imprese italiane; analizzare il livello di comprensione delle potenzialità dei sistemi di IA e la loro applicazione e approfondire il grado di consapevolezza dei rischi informatici da parte di imprese e consumatori.
Secondo i dati di I-Com, per le imprese le maggiori criticità da risolvere per favorire il decollo del canale digitale sono innanzitutto le inerzie culturali e le resistenze al cambiamento (78%); a seguire, il costo di sviluppo e di gestione degli strumenti digitali (41%). Le aziende coinvolte nella survey incentivano il cliente a rilasciare maggiori dati, soprattutto garantendo servizi aggiuntivi rispetto all’offerta base (61%) o attraverso fidelity card (41%). Le informazioni ottenute vengono poi utilizzate soprattutto ai fini di profilazione del cliente e sviluppo di nuovi prodotti e servizi.
Scorrendo i risultati dell’indagine I-Com, il 59% delle imprese si dice favorevole all’adozione di sistemi di intelligenza artificiale, nonostante il 46% del campione del campione non abbia attualmente in funzione alcun dispositivo di IA. Il 33%, al contrario, fa utilizzo di chat-bot. Il 37% degli intervistati vede nel customer care la funzione aziendale che più si presta ad essere integrata o sostituita da dispositivi di intelligenza artificiale e il 38% immagina che entro tre anni i sistemi di IA possano svolgere alcuni lavori nella propria azienda. Esistono, tuttavia, diverse preoccupazioni rispetto all’Intelligenza artificiale: il 22% del campione di imprese, ad esempio, ha timori per il regime di responsabilità civile e penale e il 19% per la protezione dei dati personali, oltre che per le questioni di natura etica (17%).
 
Un segnale incoraggiante viene dalla diminuzione della percentuale di utenti internet preoccupati nell’acquistare beni e servizi online, con una riduzione di ben 19,4 p.p. rispetto al 2010. Un miglioramento notevole, visto che al tempo l’Italia era il Paese, all’interno dell’Ue, dove la problematica della sicurezza informatica maggiormente limitava gli acquisti online. Sono stati fatti dei passi in avanti nel tempo, ma c’è sicuramente ancora molto da fare, se una fetta importante degli utenti Internet appare ancora molto preoccupata dell’aspetto sicurezza, al punto tale da modificare i propri comportamenti in rete. In questo senso, un ruolo importante è quello delle imprese stesse, che affrontando il tema possono garantire una maggiore sicurezza ai propri clienti/utenti, ma anche a sé stesse, salvaguardando il corretto svolgimento delle proprie attività economiche.

Secondo lo studio del think tank europeo, sale il livello di allerta tra le aziende che, nel quinquennio 2010-2015, rispondono, in numero crescente, con formali politiche di sicurezza sull’ICT. Tra le imprese italiane, appare particolarmente sentito il problema: al 2015, il 42,9% di esse (29,4% nel 2010) risultava aver formalizzato, all’interno della propria azienda, una politica di sicurezza informatica, un dato nettamente superiore alla media europea (31,6%), ma tuttavia ancora basso se si considera la portata del fenomeno.
In nessuno dei Paesi Ue troviamo un’incidenza superiore al 50%, ma il problema maggiore in realtà resta legato alle PMI.

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