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Il fotovoltaico consuma suolo? Sì, rispondono gli ambientalisti “paesaggisti” ai “rinnovabilisti”

where Roma when Mer, 19/07/2023 who roberto

Le associazioni tra cui Italia Nostra, Amici della Terra e Comitato Nazionale del Paesaggio contestano le tesi di Greenpeace, Wwf Italia e Legambiente

Una parte delle associazioni ambientalisteimpianto-fotovoltaico-terreno.jpg storiche sostengono l’idea – contestata da altre organizzazioni come Greenpeace, Wwf Italia e Legambiente - che i pannelli fotovoltaici a terra siano forme di consumo di suolo, così come ha scritto nel suo rapporto annuale Ispra. La Coalizione Art 9. che coinvolge tra gli altri Italia Nostra, Amici della Terra e Comitato Nazionale del Paesaggio, risponde così alle organizzazioni chiamate “rinnovabiliste sul consumo” di suolo dovuto al fotovoltaico a terra.
Qualche tempo fa l’Ispra aveva pubblicato un documento sul consumo di suolo in cui elencava fra le forme di occupazione anche la posa di moduli fotovoltaici; contro questo studio erano insorte alcune organizzazioni ecologiste che hanno contestato l’Ispra. Ora a difesa dell’Ispra interviene l’altra anima del mondo ambientalista, quella che considera pervasivi i moduli fotovoltaici.
 
Che cosa dicono
Le associazioni che si riconoscono nella Coalizione Art. 9 “notano l’appiattimento, da un paio di decenni, di una parte dell’ambientalismo italiano sulla questione energetica, e in particolare sulle rinnovabili, senza mantenere la terzietà che invece va riconosciuta ad Ispra”.
Infatti, 12 organizzazioni, gruppi di pressione e associazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente Italia, e Wwf Italia, contestano l’annuale rapporto redatto dall’Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale. Secondo queste associazioni, il fotovoltaico, pur occupando il territorio, non consumerebbe suolo. Al contrario, lo preserverebbe, in diversi casi, “da usi ben peggiori” e non produrrebbe in questi “alcun impoverimento di nutrienti, humus, biodiversità”.
A parte l’assurdità – dicono gli ambientalisti “paesaggisti” - di considerare ipotetici futuri usi peggiori un motivo per coprire il suolo con pannelli solari, esistono molti studi che dimostrano il contrario: solo per rimanere in Italia, uno studio dell’Università della Tuscia, pubblicato su Science Direct nel giugno del 2022 (https://www.sciencedirect.com/scienc...) ha paragonato le proprietà fisiche, chimiche e biologiche di un terreno coperto per 7 anni da pannelli fotovoltaici con uno limitrofo non coperto e i risultati attestano una variazione della fertilità del suolo con significativa riduzione della capacità di ritenzione idrica e della temperatura del suolo, oltre all’aumento della conducibilità elettrica e del pH. Sotto i pannelli, la materia organica del suolo è stata drasticamente ridotta, inducendo una parallela diminuzione dell'attività microbica (valutata come respirazione o attività enzimatica) e della capacità di sequestro della CO2.
Ne consegue dunque una drastica riduzione dei servizi ecosistemici che le porzioni di suolo occupate per più anni dai pannelli fotovoltaici sono in grado di erogare. Una futura riconversione ad uso agricolo potrebbe richiedere molto tempo e risorse.
L’Agenzia Europea dell’Ambiente definisce consumo di suolo non solo l’estensione di aree edificate ma anche quella dei terreni soggetti a sfruttamento, soprattutto intensivo, da parte dell'agricoltura, della silvicoltura o di altre attività economiche. Una definizione che rimanda al concetto di “suolo naturale” che la copertura fotovoltaica compromette per decenni. Come si può pretendere che Ispra venga meno alla definizione di consumo del suolo formulata ufficialmente dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, che è la “casa madre” delle agenzie di protezione ambientale dei paesi membri dell’Unione Europea?
 
Fare a meno del fotovoltaico a terra?
Le 12 associazioni contestano anche che si possa fare a meno del fotovoltaico a terra per soddisfare il fabbisogno da energia rinnovabile, pur riconoscendo che le stime di Ispra possano essere realistiche (cioè, la possibilità di raggiungere dai 70 ai 92 GW di nuova potenza fotovoltaica utilizzando le coperture esistenti). Anche in questo caso ci sono molte evidenze che le stime di Ispra siano corrette: un recente studio fatto dalla tech-company Cerved avrebbe individuato 110.000 tetti di stabilimenti industriali (censiti con indirizzo e ragione sociale) su cui si potrebbero installare pannelli fotovoltaici di grande taglia, che potrebbero produrre 30 GW di potenza, ovvero più della metà del target fissato al 2030 dal piano Fit For 55. Potenziale di 110.000 tetti di industrie per il fotovoltaico
Nel ribadire la piena fiducia nella competenza e terzietà di Ispra, Coalizione Art 9. richiama quanto già sollecitato da Coldiretti: che i titolari degli impianti realizzati sul suolo delle aziende agricole siano gli imprenditori agricoli stessi e non le aziende energetiche.
Coalizione Art. 9 è in favore dei pannelli fotovoltaici sui tetti dei capannoni e delle abitazioni non gravate da vincoli di tutela e lungo le infrastrutture di comunicazione perché non compromettono l’ambiente, il paesaggio, la biodiversità e la sicurezza alimentare.

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