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Ref Ricerche. Impianti e costi in aumento del 40% per l’industria italiana

where Roma when Gio, 27/02/2020 who roberto

Emerge da un approfondimento di Ref Ricerche dal titolo “Impianti, pochi e saturi, costi in forte aumento. L’industria italiana alle prese con il sistema rifiuti”

Negli ultimi due anni c’è stato un rifiuti-speciali.jpgaumento medio del 40% per l’industria italiana dei costi di smaltimento rifiuti. Questi aggravi, tuttavia, non pesano sul sistema produttivo italiano in maniera omogenea, ma vanno a toccare un settore in particolare, quello dell’industria manifatturiera. Tradotto in euro, significa costi maggiorati di quasi 1,3 miliardi, con un’incidenza significativa sui conti del settore del +0,5% sul valore aggiunto. È quanto emerge da un approfondimento di Ref Ricerche dal titolo “Impianti, pochi e saturi, costi in forte aumento. L’industria italiana alle prese con il sistema rifiuti”  a cura di Donato Berardi e Nicolò Valle.
 
Il documento stima in 32 miliardi di euro il valore monetario della produzione delle attività legate ai servizi di smaltimento dei rifiuti in Italia (considerando anche la gestione delle acque reflue).  Una dimensione che racconta di un comparto sempre più strategico per l’economia nazionale e dal quale si deve partire quando si progetta e pianifica il futuro economico del nostro Paese. Tra i distretti industriali più coinvolti dagli aumenti vi sono quelli che nelle fasi di lavorazione producono importanti quantità di scarti o i cui rifiuti necessitano di trattamenti specifici: dal conciario, al tessile, alla cartaria, sino ai fanghi di depurazione dell’agroalimentare. 

Nell’ultimo anno le imprese hanno in più occasioni lamentato difficoltà crescenti nella gestione dei rifiuti, con un aumento dei tempi di ritiro da parte degli operatori e un aumento significativo dei costi. È successo, per esempio, in regioni ad alto tasso di imprese manifatturiere come Veneto, Emilia-Romagna e Toscana, trovatesi a fronteggiare un rischio “paralisi” nella gestione dei rifiuti. La ragione principale di questa situazione è dovuta all’assenza o alla carenza di impianti adatti per dimensioni, numero e tecnologia di smaltimento o trasformazione dei rifiuti. Insomma, troppo pochi impianti, troppo saturi e, talvolta, inadatti alle esigenze delle attività produttive.
 
Tuttavia, questo problema - certamente non nuovo - è stato accentuato o accelerato dalla situazione congiunturale che si è venuta a creare negli ultimi anni. L’intreccio di cause vede un forte aumento della produzione di rifiuti speciali nel triennio 2014-2017, frutto di una ripresa economica della manifattura (dopo una lunga stagnazione e momenti di crisi); la chiusura del mercato cinese alle importazioni di rifiuti, in particolare plastica riciclabile, residui tessili e carta di qualità inferiore (provvedimento del 2018); a questo stop è seguito quello di altri mercati asiatici; la sentenza del Consiglio di Stato del 28 febbraio 2018 che ha bloccato le autorizzazioni “caso per caso” rilasciate dalle Regioni per i processi di recupero; lo stop allo spandimento in agricoltura dei fanghi di depurazione, a seguito di una sentenza del TAR Lombardia del 2018; l’incremento delle raccolte differenziate, in particolare nel Mezzogiorno, che ha generato un aumento degli scarti destinati a smaltimento; l’opposizione delle Regioni alla libera circolazione dei rifiuti urbani tal quale destinati a recupero energetico, così come auspicata dall’art. 35 dello “Sblocca Italia” (2014), che ha implicitamente avallato la prassi di trattare i rifiuti urbani al solo scopo di “trasformarli” in speciali, di libera circolazione, saturando la capacità disponibile degli impianti e “spiazzando” i rifiuti prodotti dalla attività economiche.
 
Cosa fare ora? Senza dubbio occorre ripensare la gestione dei rifiuti in Italia, superando il dualismo tra rifiuti urbani e speciali e costruendo gli impianti necessari alla loro gestione, con soluzioni in grado di assicurare la “prossimità” dello smaltimento e del recupero anche al rifiuto di origine non domestica, al fine di contenerne gli spostamenti e i costi per le famiglie e le imprese.  Non solo. Se non si affrontano le problematiche legate alla gestione dei rifiuti industriali e non si sostengono politiche di realizzazione di nuovi impianti è inevitabile che si giunga a una perdita di competitività dell’intero sistema industriale, con più costi sia per le imprese, sia per le famiglie (che ne acquisteranno i prodotti).

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