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Il pressing sui giudici: “Dissequestrate i prodotti dell’Ilva”. Finito lo sciopero

where Taranto when Lun, 21/01/2013 who matteo

“Non è in gioco solo il futuro del siderurgico di Taranto, ma anche l’affidabilità del paese per chiunque ci voglia investire”, concordano i ministri Passera e Clini. Diossine nelle donne: l’Iss tranquillizza. Stanziati 69 milioni per la “foresta urbana” nel quartiere Tamburi

Un effetto immediato dopo il vertice d’urgenza sull’Ilva convocato a palazzo Chigi c’è stato, con l’attenuazione della tensione tra gli operai del siderurgico e la revoca dello sciopero a oltranza proclamato qualche giorno fa dalla Fim Cisl. Ma con l’appello fatto dal premier Mario Monti, ribadito dai sindacati e condiviso da tutti i partecipanti alla riunione affinché tutte le parti in causa applichino la legge salva Ilva “integralmente e subito”, è anche aumentato il pressing sulla magistratura. La richiesta è che, proprio in applicazione di quella legge, venga sbloccata l’enorme partita di prodotto sequestrato (oltre 1,7 milioni di tonnellate di acciaio per un valore di un miliardo di euro), ferma da mesi nei depositi del siderurgico. Alla sua commercializzazione l’Ilva lega la propria sopravvivenza.
A rilanciare ed esplicitare questo pressing è proprio l’azienda, che ha chiarito: “Solo con la completa applicazione della legge anche da parte della magistratura, e il conseguente sblocco dei lavorati e semilavorati ancora sotto sequestro saremo in grado, nonostante la grave crisi anche industriale, di rispettare gli impegni presi a cominciare dal pagamento degli stipendi”. Il presidente, Bruno Ferrante, ha detto che “il blocco dei prodotti arriva a rendere ancora più difficile, direi drammatica, una situazione che si trascina ormai da parecchi mesi”.
La magistratura, ha sottolineato il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, “deve tener conto della legge”. Nel caso di Taranto, ha ripreso, “ci troviamo di fronte alla situazione inedita della contestazione da parte dei giudici delle leggi e delle direttive. È urgente che venga chiarito se in Italia le leggi rappresentano una garanzia per i cittadini e per le imprese o se al contrario sono soggette ad interpretazioni discrezionali. Non è in gioco solo il futuro dell’Ilva di Taranto ma anche l’affidabilità del paese per chiunque ci voglia investire”. Posizione condivisa con un tweet anche dal titolare dello Sviluppo economico, Corrado Passera.
Peraltro, dalla magistratura, vero convitato di pietra al vertice romano, non arriva alcun segnale, se non il consueto e cortese diniego a commentare. “Ci rendiamo conto del livello elevatissimo dei nostri interlocutori e prestiamo la massima attenzione a quello che accade – dice all’Ansa il procuratore di Taranto, Franco Sebastio. – Studieremo, valuteremo, ma mai come in questo momento il silenzio è d’oro”. “Speriamo prevalgano buon senso e ragionevolezza”, interviene il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, “perché non si può distruggere un’attività industriale come quella dell’Ilva. Vorrebbe dire mettere in pericolo cinquantamila posti di lavoro, l’economia di una regione e la credibilità dell’Italia come grande paese manifatturiero”.  

Diossine nelle donne: l’Iss tranquillizza – Gli elementi inquinanti organici persistenti, come per esempio diossine e policlorobifenili, prodotti in aree industriali come quella dell’Ilva di Taranto, non hanno un’incidenza particolare sulle donne in età riproduttiva. Ma ciò non significa che questa presenza non provochi contaminazione nella catena alimentare locale, come dimostrato dall’abbattimento di migliaia di pecore di allevamenti a ridosso dell’area siderurgica. È quanto emerge da un duplice biomonitoraggio compiuto in tempi diversi dall’Istituto superiore di sanità.
Lo studio fa parte del progetto Womenbiopop finanziato dalla Comunità europea e dallo stesso Iss con il contributo del ministero dell’Ambiente, ed è il più vasto progetto realizzato finora su donne in età riproduttiva per valutare l’esposizione a inquinanti organici persistenti e tossici.
Ma, secondo Peacelink, l’indagine ha un limite di fondo: è stata realizzata solo su donne giovani. “Le e diossine sono bioaccumulabili – contesta l’associazione ambientalista – e crescono di circa tre volte nel corso della vita. Si riscontrano infatti concentrazioni molto più alte in donne anziane”.

Una foresta urbana da 69 milioni – Una foresta urbana separerà lo stabilimento dell’Ilva dalla città. Insieme a una nuova piazza d’Armi all’Aquila e alla creazione di un quartiere delle botteghe a Roma, è uno dei 28 progetti selezionati per il “Piano Città” del governo.
In particolare, il progetto per Taranto ha un valore 68,9 milioni di euro e prevede la riqualificazione del quartiere Tamburi, interessato da un elevatissimo tasso di inquinamento ambientale per la contiguità con il siderurgico: i cittadini verranno spostati in altra area urbana e quindi verrà realizzata una barriera naturale di separazione con lo stabilimento.

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