Fukushima cinque anni dopo - Greenpeace: l’impatto sull'ambiente avrà effetti per centinaia di anni
Lo rivela un rapporto di Greenpeace Giappone, che parla di elevate concentrazioni di radioelementi, aumento di mutazioni e danni del Dna
Gli impatti ambientali del disastro nucleare di Fukushima Daiichi avranno effetti per secoli su foreste, fiumi ed estuari. È quanto emerge dal nuovo rapporto "Radiation reloaded" diffuso da Greenpeace Giappone, secondo cui gli elementi radioattivi a lunga vita sono stati assorbiti da piante e animali, riconcentrati tramite le catene alimentari, e trascinati a valle verso l'Oceano Pacifico da tifoni, da inondazioni e dallo scioglimento della neve.
Le analisi mostrano come evidenti una serie di conseguenze sull’ambiente. Tra queste, elevate concentrazioni di radioelementi riscontrate nelle nuove foglie e, almeno nel caso del cedro, anche nel polline; aumento di mutazioni nella crescita degli abeti con l'aumento dei livelli di radioattività; mutazioni ereditarie riscontrate nelle farfalle tipo Pseudozizeria maha, Dna danneggiato nei vermi nelle zone altamente contaminate e riduzione della fertilità nella rondine comune; diminuzione dell'abbondanza di 57 specie di uccelli nelle aree a maggiore contaminazione, evidenziata da uno studio di quattro anni; elevati livelli di contaminazione da cesio riscontrati nei pesci d'acqua dolce di importanza commerciale;
contaminazione radiologica degli estuari che rappresentano uno degli ecosistemi più importanti.
“Il Programma di decontaminazione del governo giapponese - afferma Kendra Ulrich, senior campaigner nucleare di Greenpeace Giappone - non avrà quasi nessun impatto sulla riduzione del rischio ecologico legato all'enorme quantità di radioattività emessa nel disastro nucleare di Fukushima”. “Già oltre 9 milioni di metri cubi di scorie nucleari sono sparsi su almeno 113mila siti nella Prefettura di Fukushima. Questo mentre il governo Abe vuol far passare la favola che, cinque anni dopo l'incidente nucleare, la situazione stia tornando alla normalità. E, purtroppo per le vittime, ciò significa che gli viene raccontato che possono tornare in sicurezza in ambienti in cui i livelli di radiazione sono spesso ancora troppo elevati e circondati dalla una pesante contaminazione”.
Con il rapporto lanciato basato su un grande volume di ricerche scientifiche indipendenti effettuate nelle zone colpite nell'area di Fukushima, l'organizzazione ambientalista denuncia anche la posizione, che ritiene profondamente sbagliata, dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica e del governo Abe, sia in termini di rischi di decontaminazione che di rischi per l'ecosistema. Lo studio si basa inoltre sulle analisi dell'impatto ambientale della catastrofe nucleare di Cernobyl, per trarre un'indicazione del possibile futuro delle aree contaminate in Giappone.
Dal marzo 2011 ad oggi Greenpeace ha condotto 25 indagini radiologiche su Fukushima. Nel 2015 si è concentrata sulla contaminazione delle montagne boscose nel distretto di Iitate, a nord-ovest della centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Sia le analisi di Greenpeace che ricerche indipendenti hanno dimostrato come la radioattività si muova dai bacini montani contaminati fino a entrare negli ecosistemi costieri. Il fiume Abukuma, uno dei più grandi del Giappone, che scorre in gran parte attraverso prefettura di Fukushima, nei primi cento anni dopo l'incidente potrebbe scaricare in mare 111 TBq di Cesio-137 e 44 TBq di Cesio-134. Attualmente, un team di ricercatori di Greenpeace Giappone sta studiando la contaminazione radioattiva dei sedimenti oceanici e alla foce del fiume sulla costa di Fukushima. L'indagine sottomarina è condotta da una nave di ricerca giapponese con l'appoggio della Rainbow Warrior. Il disastro di Fukushima rappresenta il più grande rilascio di radioattività nell'oceano. Insieme all'incidente nucleare di Cernobyl, è l'unico di livello 7 mai verificatosi sinora.
Sato: non c’è fine all’incubo - “Per chi vive a Fukushima non si intravede la fine di questo incubo” dice Junichi Sato, direttore esecutivo di Greenpeace Giappone. “L'industria nucleare e i governi di tutto il mondo hanno perpetuato il mito che si può tornare alla normalità dopo un incidente nucleare, ma l'evidenza mostra che questa è solo retorica”.
Abe, il nucleare è necessario - Il Giappone non può fare a meno del nucleare: lo ha sostenuto il primo ministro Shinzo Abe nel corso di una conferenza stampa alla vigilia del quinto anniversario della catastrofe atomica di Fukushima. “Il nostro Paese, povero di risorse, non può fare a meno dell'energia nucleare per garantirsi un approvvigionamento regolare di energia, tenendo conto delle considerazioni economiche e del cambiamento climatico”, ha dichiarato Abe, in pieno dibattito sul rilancio dei reattori.
Realacci: una pesante eredità per l’ambiente - Fukushima è uno degli incidenti nucleari più drammatici della storia e ha lasciato una pesante eredità per l'ambiente e la salute dei giapponesi, a giudizio del presidente della Commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci. “La situazione è ancora aperta, ma per la prima volta nella storia del Sol Levante un tribunale locale ha ordinato lo stop di due reattori nucleari per ragioni di sicurezza e così al momento nel paese rimangono solamente due reattori in funzione. Uno stato di cose che conferma la saggezza degli italiani che, con il loro voto al referendum del 2011, hanno fermato la follia del ritorno al nucleare, una scelta vecchia, sbagliata, antieconomica e insicura”.
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