Rapporto I-Com: Puglia avanti su mobilità elettrica, turismo e investimenti esteri
Il report evidenzia però anche un tasso di occupazione e produttività che restano bassi rispetto alla media nazionale
L’economia della Puglia cresce dell’1,2%; tuttavia, la Regione continua a soffrire di debolezze strutturali, soprattutto per quanto riguarda il tasso di occupazione e la produttività del lavoro, nelle quali la performance è ancora (lievemente) peggiore rispetto a quella purtroppo già mediocre delle regioni meridionali. È l’analisi che emerge dal Report dell’Istituto per la Competitività (I-Com), “Puglia. L’economia della Regione e i rapporti tra le amministrazioni territoriali e le imprese”, presentato a Bari da Stefano da Empoli, Presidente di I-Com e Gianluca Sgueo, Direttore area Istituzioni I-Com.
L’evento, realizzato in collaborazione con Airbnb, Enel, Exprivia, Terna, Trans Adriatic Pipeline e Vodafone, è la prima tappa dell'Osservatorio ORTI, incubatore itinerante di relazioni virtuose fra imprese e territori promosso da I-Com, quest’anno alla sua seconda edizione. Dopo Bari, ORTI (Osservatorio sulle relazioni territori imprese) giungerà a Milano e a Venezia. Lo studio di I-Com analizza i principali trend economici della Puglia, descrivendo lo stato dei rapporti tra amministrazioni locali e imprese e il tessuto produttivo del territorio.
“La Puglia ha la capacità di ‘ospitare’ imprese a partecipazione estera e di attrarre flussi turistici significativi, due punti di forza che hanno contribuito alla crescita economica della Regione negli anni della crisi”, ha dichiarato Stefano da Empoli, Presidente di I-Com. “Dal 2008 al 2014, il numero delle multinazionali è aumentato da 74 a 117 (+58%) e il turismo si è affermato come uno dei principali traini dell’economia, grazie al boom degli arrivi dall’estero. Ma sull’attrattività della Regione fuori dai confini italiani, i margini di miglioramento appaiono ancora significativi. Il potenziale c’è e può essere sfruttato anche grazie ai fondi comunitari che nei prossimi anni arriveranno in Regione”.
Secondo il think tank, ci sono luci ed ombre nelle telecomunicazioni. Se la copertura in banda ultra-larga a 30 Mbps di velocità è la più elevata in Italia (pari al 79% della popolazione, contro una media nazionale del 40%), resta scarsa la copertura della rete veloce a 100 Mbps (soltanto il 5% della popolazione contro il già basso 11% a livello nazionale); la situazione potrebbe tuttavia migliorare presto, grazie al cablaggio in corso di Bari, una delle prime cinque città scelte da Enel Open Fiber per il roll-out di una rete in fibra ottica in FTTH (Fiber to the Home).
Grazie anche ai primati della Puglia sull’energia elettrica, e in particolare su quella da fonte rinnovabile (prima Regione in Italia per produzione), la Regione è all’avanguardia tra quelle del Mezzogiorno nella mobilità elettrica, con 72 colonnine (a seguire c’è la Sicilia con 32). Questo significa che, per ogni 10mila km, sono presenti sul territorio circa 37 stazioni di ricarica, rispetto alle 5,6 colonnine elettriche della Calabria e della Basilicata. Il dato pugliese risulta superiore a quello medio del Mezzogiorno, sebbene più basso di quello nazionale, pari a 49 colonnine ogni 10mila kmq.
Continuano però a pesare come macigni sulla performance complessiva della Regione tre limiti strutturali del sistema economico pugliese: il nanismo delle imprese, la scarsa produttività dei fattori produttivi (in particolare del lavoro) e la bassa propensione alla ricerca, in particolare del settore privato.
Le imprese pugliesi, come quelle italiane, sono prevalentemente di piccole dimensioni ma il numero di addetti medi per impresa in Puglia è inferiore alla media italiana (2,8 addetti per impresa rispetto a 3,7). In Puglia la produttività del lavoro è inferiore sia alla media italiana (62 mila euro) che alla già bassa media del Mezzogiorno (50mila euro), e pari a circa 48mila euro di valore aggiunto per unità di lavoro. La spesa in Ricerca e Sviluppo, che vale in Italia l’1,4% del PIL (dati 2014), è pari in Puglia all’1,0% del PIL (ancora più basso, sia pure di poco, della media del Mezzogiorno, pari all’1,1%).