L’Eni vuole tornare in Iran. Descalzi sul mercato unico dell’energia nell'Ue
Bilancio: cresce la produzione di petrolio, cala l’utile
Nel futuro dell’Eni l’amministratore delegato Claudio Descalzi vede il ritorno in Iran e, nonostante le difficoltà geopolitiche, la permanenza in Libia, dove apprezza gli sforzi di pacificazione del governo Renzi. Per il gas ritiene insostituibili le forniture russe ma auspica il mercato europeo dell'energia perché “oggi abbiamo 28 mercati separati”, frammentazione da superare per un'unione energetica su cui il governo italiano sta facendo moltissimo. Sono queste alcune delle considerazioni di Descalzi pubblicate in un’intervista sul quotidiano La Repubblica. Sul prezzo del petrolio, Descalzi prevede un andamento incostante con “movimenti di rialzo e ribassi rapidi, una sorta di curva a W”.
Iran - Sull'Iran, che si riaffaccia progressivamente al mercato anche grazie all'avvicinarsi di un'intesa (entro il 30 giugno) sul programma nucleare, Descalzi racconta di essere andato a Teheran, “primo amministratore delegato di un gruppo petrolifero, per sbloccare i nostri crediti commerciali”, che ammontano a circa 800 milioni di euro. “Abbiamo lavorato duramente durante l'embargo per arrivare a questo risultato e nel bilancio 2015 dovremmo trasformare quel contenzioso in barili, che faranno parte ufficiale della nostra produzione”. “Vediamo se e come saranno tolte le sanzioni: è evidente che il Paese può riprendere ad attrarre investimenti se fa cassa col petrolio. A mio avviso entro fine anno Teheran potrebbe proporre una nuova forma di contratti, più simile agli standard internazionali e meno penalizzante per gli operatori e le major petrolifere. Se Teheran fa questo passo, e credo che ne abbia l'interesse, potrebbe essere la svolta”.
Libia - “Siamo in Libia e intendiamo restarci, nonostante le minacce del terrorismo. Le nostre piattaforme offshore sono a 120 chilometri dalla costa, e per quegli impianti non abbiamo timori sulla sicurezza. Diverso è il caso delle infrastrutture che abbiamo a terra. Il pozzo di Abu-Attifel è chiuso da un anno e mezzo, gli altri invece lavorano. Per ogni struttura abbiamo aumentato però gli standard di protezione e predisposto un piano di fuga del personale”.
Prezzi - Si “è chiusa una stagione, quella nella quale l'Opec era il dominus solitario. Con lo shale oil ricavato da una moltitudine di produttori indipendenti americani il petrolio ha trovato un nuovo protagonista che ha cambiato il mercato e il potere dell'Opec di fare i prezzi. Adesso qualcuno dice che i produttori indipendenti stanno per saltare, oppressi da 80 miliardi di dollari di debiti. Ma si sottovaluta la capacità americana di rinnovare le tecnologie e di renderle più economiche e più competitive”.
Produzione - Nel primo trimestre del 2015 la produzione di idrocarburi dell'Eni è stata pari a 1,697 milioni di barili di olio equivalente al giorno, in crescita del 7,2% rispetto allo stesso periodo del 2014. Si evince dai dati della compagnia. Escludendo l'impatto positivo dell'effetto prezzo nei contratti di production sharing e delle operazioni di portafoglio l'incremento è del 3,7%. “L'outlook 2015 è caratterizzato dal moderato rafforzamento della crescita economica globale trainata dagli Stati Uniti, rimangono i rischi relativi alla solidità della ripresa nell'area Euro, all'entità del rallentamento di Cina e di altre economie emergenti e alla stabilità finanziaria”.
Bilancio - Utile netto a 0,70 miliardi, -46% rispetto al primo trimestre 2014; produzione di idrocarburi a 1,697 milioni di boe/giorno (+7,2% rispetto al primo trimestre 2014); Cash flow operativo 2,30 miliardi; Leverage 0,22 invariato rispetto a fine 2014 nonostante il dimezzamento del prezzo del petrolio; Utile operativo adjusted 1,57 miliardi, -55% rispetto al primo trimestre 2014. Questi i risultati consolidati del primo trimestre.