La Germania si sgancia dalla supertassa europea sul fotovoltaico cinese: Merkel teme ritorsioni per gli affari tedeschi in Cina
Il ministro dell’economia tedesco ha detto che si opporrà alla tassazione supplementare stabilita dalla Ue e in vigore dal 6 giugno per i pannelli solari esportati in Europa dalle aziende cinesi
La Germania si opporrà alla tassazione supplementare dei pannelli solari esportati in Europa dalle aziende cinesi. Con questo autentico colpo di scena il ministero dell’economia tedesco Philipp Rossler interviene, e potenzialmente danneggia, il settore dell’industria fotovoltaica europea (specie quella tedesca). La Commissione europea, che ora si trova in una posizione scomoda vista la presa di posizione del paese leader, aveva infatti stabilito che l’imposta sarebbe divenuta effettiva il 6 giugno, inizialmente per un periodo di prova, e che avrebbe comportato in media una ulteriore tassazione del prodotto per circa il 47 % del suo valore.
Ora però Berlino teme che la tassazione supplementare peggiori i rapporti con la Cina, e danneggi così le aziende tedesche che fanno affari da quelle parti. “Siamo contro le misure protezioniste, a favore del libero mercato e di una sana competizione”, ha dichiarato Roesler nell’ultimo giorno della visita del premier cinese Li Keqiang in Germania, che è il principale partner economico europeo della Cina. Pochi giorni fa anche la cancelliera Angela Merkel aveva dichiarato che avrebbe fatto di tutto affinché non si arrivasse all’introduzione dell’imposta supplementare.
L’Italia e la Francia, al contrario, sono favorevoli alla tassazione supplementare e sostengono che la Cina non potrebbe vendere questi prodotti a un prezzo così basso se le sue aziende non fossero finanziate direttamente dal governo cinese.
“Prenderemo sicuramente nota delle posizioni consultive degli stati membri” - ha avvertito il portavoce del responsabile al commercio Karel De Gucht, ma l'esecutivo comunitario “è obbligato a vedere il quadro più ampio e a prendere decisioni basate unicamente su prove”. E al momento, ha sottolineato il portavoce, “ci sono 25mila posti di lavoro a rischio nel settore nell'Ue”, quindi “qualsiasi misura temporanea potenziale è una risposta d'emergenza per riequilibrare la posizione di mercato delle imprese europee di fronte al dumping della Cina che ne minaccia l'esistenza”.
Nel frattempo Pechino, riferisce il quotidiano belga “Les Echos”, ha aperto un'inchiesta antidumping su prodotti chimici Ue derivati dal cloro, mettendo nel mirino gruppi europei come Solvay. Pechino ha anche minacciato di aprire un'indagine sul vino europeo, mentre Bruxelles ha già aperto inchieste anche su vetri solari e telecomunicazioni.