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Europa verde. Le voci contro: quelli che “è una politica devastante”

where Milano when Lun, 19/07/2021 who roberto

Le perplessità del ministro Cingolani. Ngv e Assogasmetano contestano i limiti contro i combustibili non fossili. Contrarissimi (ovviamente) i costruttori di auto

La proposta della Commissione emissioni-auto.jpgEuropea Fit fot 55 non trova tutti concordi, anzi molti contestano con forza il progetto. Ecco alcune voci.
 
Ngv Italy e Assogasmetano
La proposta è “impostata mantenendo fermo unicamente il principio delle emissioni allo scarico e, quindi, con una ferma negazione del principio della neutralità tecnologica. Oltre a non riconoscere l’importante ruolo – già oggi svolto – dai biocarburanti, in particolare biometano, nel fornire soluzioni immediate al problema delle emissioni, affidabili dal punto di vista tecnico ed economicamente sostenibili”.
“La Commissione sembra scambiare l’obiettivo della decarbonizzazione con la definizione aprioristica dello strumento con cui ottenerla, con l’ulteriore effetto negativo di distruggere la filiera industriale per l’uso dei motori a combustione interna, che dal punto di vista della tecnologia è riconosciuta al nostro Paese come eccellenza non solo in Europa ma a livello globale”. “Non viene menzionato il biometano, l’unica fonte pienamente rinnovabile che è già oggi utilizzata come combustibile e che può, in determinate condizioni, avere emissioni addirittura negative”.
 
Il ministro Roberto Cingolani (Transizione ecologica)
“È stato comunicato dalla commissione Ue che anche le produzioni di nicchia, come Ferrari, Lamborghini, Maserati, McLaren, dovranno adeguarsi al 2030 al full electric. Questo vuol dire che, a tecnologia costante, con l'assetto costante, la Motor valley la chiudiamo".
"Se noi oggi pensassimo di avere una penetrazione del 50% di auto elettriche d'emblée non avremmo neanche le materie prime per farle, né la grid per gestirla. Su un ciclo produttivo di 14 anni, pensare che le nicchie automobilistiche e supersport si riadattino è impensabile".
 
La sottosegretaria alla Transizione ecologica Vannia Gava

"In Italia ci sono 12 milioni di automobili altamente inquinanti: Euro 0, 1 e 2. Con i costi odierni è difficile immaginare che tutti siano in grado di acquistare immediatamente un’auto elettrica. Sarebbe già utile sostenere chi decide di acquistare veicoli di una classe meno inquinante, anche in attesa di verificare la reale sostenibilità della filiera "full elettric". Allo stesso tempo, è necessario rinnovare con rapidità il parco veicoli pubblico, che è vetusto".
"La transizione ecologica è un processo che deve essere governato. Bisogna evitare che diventi una mannaia sul nostro sistema economico e colpisca filiere di eccellenza come, per esempio, quella dell'automotive italiano, cancellando migliaia di posti di lavoro diretti o nell'indotto. Allo stesso tempo non può e non deve diventare un costo insostenibile per le famiglie”.
 
I costruttori europei di auto (Unrae)
“L'iniziativa della Commissione è benvenuta per quanto riguarda gli obiettivi di sviluppo infrastrutturale e mix di fonti energetiche nei Paesi Membri, senza i quali la transizione nel mondo della mobilità risulterebbe azzoppata o addirittura inutile. Però è fondamentale che gli impegni assunti siano sufficientemente ambiziosi, declinati in un cronoprogramma e raggiunti senza ritardi o deviazioni". "Lascia comunque perplessi, nel dichiarare il massimo ma esclusivo supporto alla mobilità elettrica per i veicoli di nuova immatricolazione, la totale inosservanza del principio di neutralità tecnologica: quel grande malato che è il parco veicolare circolante in Europa (e particolarmente in Italia) ha bisogno di un mix di soluzioni molto più ampio, che affronti i problemi con pragmatismo e senza ideologie, puntando alla massimizzazione dei risultati nel minor tempo possibile".
 
I costruttori italiani di auto (Anfia)
“Sconcerto e forte preoccupazione per la proposta, prevista nel pacchetto Fit for 55, di inasprire i target di riduzione delle emissioni di CO2 previsti dalla regolamentazione vigente, fissandoli a -55% per le auto (rispetto al -37,5%) e -50% (rispetto al 31%) per i veicoli commerciali leggeri al 2030 e introducendo un nuovo target al -100% al 2035”. “Lo sforzo richiesto dall’attuale proposta non tenga in debito conto gli impatti industriali, economici e sociali di scelte così ambiziose e categoriche. La previsione di un target a zero emissioni al 2035 per auto e veicoli commerciali segna l’abbandono delle più avanzate tecnologie di propulsione su cui, oggi, la maggior parte delle aziende della componentistica italiana, comprese le multinazionali presenti sul nostro territorio, sono ancora prevalentemente concentrate, compiendo una incomprensibile e univoca scelta tecnologica, senza considerare il fondamentale contributo che le stesse potrebbero dare alla decarbonizzazione attraverso l’utilizzo di carburanti rinnovabili a basso contenuto di carbonio. Anche la scelta di non prevedere meccanismi di flessibilità nella transizione, tra cui quelli per i piccoli costruttori, evidenzia una scelta ideologica che non tiene conto delle molteplici specificità della filiera automotive, penalizzando fortemente le nicchie d’eccellenza, in particolare quelle italiane”.
 
Gli esporti del Cep (Centres for European Policy Network)
“Le importazioni da paesi terzi con bassi standard di protezione del clima mettono in pericolo la competitività delle aziende nell'Ue. La Commissione vuole quindi introdurre un aggiustamento sul CO2 alla frontiera (CBAM), che dovrebbe rendere più costose le importazioni da paesi con standard piuttosto lassisti, come ad esempio la Russia. L'importo del prelievo dovrebbe corrispondere al prezzo dello scambio di quote di emissioni nell'Ue ("ETS fittizio"). Il Centres for European Policy Network (CEP) ha analizzato tale piano in un ampio studio e ne ha individuato una serie di elementi critici.
"La Commissione dovrebbe ripensare il CBAM", sottolinea l'esperto e giurista del CEP Götz Reichert, autore di uno studio di 60 pagine, redatto con il suo collega di Friburgo, l'economista Martin Menner e la giurista di Parigi, Marion Jousseaume.
"Un disegno conforme all'OMC al CBAM è concepibile in linea di principio. In definitiva, però, solo una decisione dell'OMC porterebbe certezza", spiega Jousseaume. "L'Ue si sta quindi avventurando su un nuovo terreno giuridico dell'OMC, dove le insidie sono in agguato ed il diavolo è nei dettagli", aggiunge Reichert. "Inoltre, si profilano già ora probabili conflitti commerciali internazionali".
Gli autori criticano, in particolare, che la Commissione non preveda più alcun aggiustamento alla frontiera di CO2 a favore degli esportatori dell'Ue e nemmeno alcun altra forma di compensazione al previsto cessare dell'assegnazione gratuita di quote di emissione, applicata fino ad ora. La conseguenza sarebbe che le aziende europee risulterebbero protette dalla concorrenza a basso costo solo nel mercato interno dell'Ue, ma non nel mercato mondiale. "Di conseguenza, esse dovrebbero mettere in conto notevoli svantaggi competitivi", dice Menner.
Esse risulterebbero quindi ancor più tentate di produrre fuori dall'Ue, trasferendosi in paesi con norme di protezione del clima più permissive. Vi è quindi il reale rischio sia di una perdita di valore aggiunto che di posti di lavoro nell’Ue, ma anche, in concreto, di un aumento delle emissioni globali di CO2.
Secondo Menner, finché un sistema di scambio globale di quote di emissione non sarà applicabile, l'Ue dovrebbe adoperarsi per assicurare che almeno i più importanti paesi industrializzati ed emergenti si accordino su un tale sistema. "Solo allora le assegnazioni gratuite di quote di emissione potranno essere eliminate gradualmente, poiché gli svantaggi competitivi residui delle imprese europee potranno allora essere efficacemente affrontati".
 
La ricerca del Cep è disponibile a questo indirizzo: https://www.cepitalia.eu/fileadmin/u...

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