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​Ilva, Il gip Milano chiede nuovamente una richiesta di arresto per Fabio Riva

where Milano when Lun, 27/01/2014 who michele

Al figlio del patron viene contestata una truffa ai danni dello Stato per circa un centinaio di milioni di euro, alla quale avrebbero contribuito altre due persone arrestate, un professionista residente in Svizzera e un dirigente della Riva Fire

Nuova ordinanza di custodia cautelare a carico di Fabio Riva, uno dei figli di Emilio Riva, ex patron dell'Ilva, nell'ambito dell'inchiesta milanese coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dai pm Mauro Clerici e Stefano Civardi. Fabio Riva si trova a Londra dal gennaio dell'anno scorso dopo che era stata dichiarata la sua latitanza perché non rintracciato sulla base di un mandato di arresto europeo.
A Fabio Riva viene contestata una truffa ai danni dello Stato per circa un centinaio di milioni di euro, alla quale avrebbero contribuito altre due persone arrestate, un professionista residente in Svizzera e un dirigente della Riva Fire. I pm hanno iscritto nel registro degli indagati per questo nuovo capitolo giudiziario sull'acciaieria anche l'Ilva, accusata di violazione della legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti per reati commessi dai dipendenti. I finanzieri hanno effettuato sequestri per decine di milioni di euro.
Secondo quanto ricostruito dalla Procura di Milano, Fabio Riva, insieme agli altri indagati, avrebbe realizzato un sistema per ricevere indebitamente erogazioni di contributi pubblici attraverso la legge Ossola. È una norma che prevede un contributo alle società italiane che esportano e che si trovano di fronte a forti dilazioni di pagamento da parte dei clienti esteri. I contributi sono erogati dalla Simest spa di Roma, società partecipata dalla Cassa depositi e prestiti. L'Ilva di Taranto non avrebbe avuto i requisiti per accedere a questo tipo di contributi perché ha a che fare principalmente con Stati esteri o grandi aziende che pagano o alla consegna o al massimo con scadenze di 30-60-90 giorni. Per riuscire a ottenerli è stata costituita in Svizzera l'Ilva Sa, società che veniva interposta tra l'Ilva di Taranto e i committenti esteri, in maniera tale da far figurare che i pagamenti alla società italiana venivano effettuati da quella elvetica, che dilazionava i pagamenti nei tempi previsti per riuscire ad accedere ai contributi statali. Un meccanismo che avrebbe portato l'azienda a realizzare una truffa da circa 100 milioni di euro.
Motivazioni sentenza Cassazione – Intanto, sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza con cui la Cassazione il 20 dicembre ha ordinato la restituzione dei beni, accogliendo il ricorso di Riva Acciaio e Riva Energia. “Il provvedimento di sequestro da parte del gip di Taranto di beni fino a 8,1 miliardi delle società della famiglia Riva - si legge nel documento - non motiva in che modo quelle somme siano "profitto dei reati associativi e ambientali" di cui sono accusate le persone a capo della società "controllante" e non spiega perché debbano essere considerati "profitto del reato" e come tali aggredibili con una misura cautelare”.
                                                                                                    
 

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