Per tutti gli isotopi! Trino Vercellese si candida per il deposito. I retroscena e il video
Durante il consiglio comunale si è sviluppato un dibattito animato e intelligente, come pochi se ne vedono in Italia quando si tocca il tema nucleare. Notizie nucleari da Cagliari, Viterbo e Matera
Trino e gli altri. Alla mezzanotte di giovedì 11 gennaio scadevano i 30 giorni concessi per decreto ai Comuni fuoriquota che volessero candidarsi a ospitare il futuro deposito nazionale e centro ricerche in cui riunire in modo sicuro i rifiuti radioattivi ora dispersi in una ventina di depositi nucleari locali distribuiti in tutt’Italia. Un solo comune si è presentato, Trino Vercellese, dove c’è già – spenta dal 1987 e in dismissione – la centrale nucleare Enrico Fermi. Un dibattito animatissimo, intelligente, molto corretto fra i sì, i no e i forse si è sviluppato nel consiglio comunale aperto la sera dell’11 gennaio nella sala della biblioteca comunale e in collegamento video in un’altra sala (il video: https://www.youtube.com/watch?v=w4Hb...) e, prima della mezzanotte, il sindaco e la giunta hanno firmato la delibera con l’invio della richiesta ufficiale. Il confronto pubblico è durato ore fino alle 2 del mattino e, con gli abitanti assiepati nella sala, hanno parlato sei esperti, tre pro e tre contro. Nel frattempo continuano le voci contrarie alla costruzione del deposito nazionale dalle aree già prescelte come tecnicamente idonee attraverso la selezione della mappa Sogin.
La carta Cnai
Il deposito nazionale delle scorie nucleari rappresenta una vera urgenza per la sicurezza, e va individuato il luogo che possa determinare il rischio più basso possibile per tutti. Oggi i rifiuti radioattivi prodotti quotidianamente dall’industria, dalla medicina nucleare e dalla diagnostica, dai sensori e dai rilevatori, dagli strumenti di misura e controllo, dai parafulmini e dai rilevatori di fumo, vengono accumulati in una ventina di depositi provvisori distribuiti in tutt’Italia. Inoltre vanno collocati i rifiuti delle centrali atomiche italiane chiuse nell’87 dopo il primo referendum antinucleare, molti dei quali sono stati riprocessati e ci verranno restituiti da Francia e Inghilterra. Le direttive europee impongono un deposito nazionale per ogni Stato. Dopo la mappa Cnapi (carta nazionale delle 67 aree potenzialmente idonee) e la successiva selezione Cnai (carta nazionale delle aree idonee), sono stati selezionali 51 terreni che posseggono le caratteristiche idonee per ospitare il deposito unico nazionale. I terreni sono concentrati nell’Alessandrino, nel Viterbese fra la zona dei Cimini e l’area di Vulci, in Sardegna nell’alto Campidano, in Basilicata nella piana metapontina, più altri terreni isolati in altre zone.
Arcidiocesio137
Anche l’arcidiocesi di Vercelli si è schierata contro la costruzione del deposito nazionale a Trino, il paese che su spinta del sindaco Daniele Pane ha deciso di farsi avanti per ospitare il polo tecnologico e l’insediamento. Contrari anche i risicoltori, la Confagricoltura, i Comuni confinanti con Trino Vercellese, la Legambiente. La maggioranza compatta ha deliberato e inviato la Pec al ministero dell’Ambiente e alla Sogin con la richiesta di ospitare il sito unico per i rifiuti e il parco tecnologico. Nella Pec invita a verificare l’eventuale idoneità dell’area verso Leri Cavour (non quella in cui sorge la centrale atomica spenta) e la candidatura è subordinata al fatto che “tutti i criteri di sicurezza vengano assolutamente rispettati”; si chiede una campagna informativa rivolta alla popolazione. Non sono passate le due mozioni contrarie proposte dal gruppo di minoranza Impegno per Trino e Robella contro la candidatura e contro la rivalutazione del territorio. Esposti alla locale stazione dei carabinieri sono stati presentati dal Comitato Tri-No. Il dibattito nella sala della biblioteca è stato indetto per la deliberazione presentata dal gruppo consiliare Impegno per Trino e per Robella approvata all’unanimità dal Consiglio comunale il 28 dicembre. I tre esperti per il sì erano Nicola Ippolito, responsabile tecnico-scientifico della divisione nucleare del ministero dell’Ambiente; Stefania Uras, vicedirettrice del deposito nazionale e parco tecnologico di Sogin; Michele Rosati, responsabile area qualifica di sito e geologia applicata di Sogin. I tre esperti per il no erano: Carlo Giraudi, ex dipendente Enea; avvocato Gian Maria Mosca; Dario Zocco, ex direttore del Parco del Po.
Qui Cagliari, i sindaci contro il deposito nucleare: “No definitivo”
In Sardegna ospedali, aziende, laboratori d’analisi e mille altre attività producono rifiuti radioattivi tutti i giorni ma la Sardegna è priva di qualsiasi stoccaggio e manda i suoi rifiuti radioattivi nel Continente. Però non vuole il deposito nazionale. Nei giorni scorsi fuori dal Palazzo del Consiglio regionale sardo si è svolto un sit-in di protesta delle associazioni ambientaliste mentre dentro al Palazzo, in aula, si esprimeva l’indignazione dei sindaci sardi che non vogliono ospitare l’impianto, convocati dal presidente del consiglio regionale Michele Pais. Nella mappa delle aree idonee per ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi ci sono 14 Comuni sardi: Albagiara, Assolo, Usellus, Mandas, Siurgus Donigala, Segariu, Villamar, Setzu, Tuili, Turri, Ussaramanna, Nurri, Ortacesus e Guasila. Il presidente dell’Anci Sardegna, Emiliano Deiana: “Diciamo no all’ennesima violenza che si perpetra nei confronti della nostra terra. La Sardegna non ha paura di ospitare cose sostenibili, quello che ci chiediamo però è per quale strano motivo tutte le servitù debbano essere messe nel nostro giardino. Ricordo che mai in Europa un deposito nucleare è stato individuato in un’isola, e c’è un motivo: nessuno vuole mettere a rischio i mari. Con il sito in Sardegna ci sarebbero viaggi di scorie nel Mediterraneo, una sonora idiozia”. Contro il deposito anche Cgil, Cisl e Uil.
Angelo Cremone, leader dell’associazione Sardegna Pulita, e uno degli organizzatori del sit-in sotto il Consiglio, dice che “portare la mobilitazione dei sardi a Roma. La Sardegna è schiava di innumerevoli servitù militari, industriali, energetiche, il governo nazionale deve tenerne conto”.
Qui Viterbo: si cerca un avvocato per fare ricorso
“Presidente, faccia di tutto per non far arrivare il deposito nucleare da noi”, hanno chiesto Ancit e Tuscia in Bio (i produttori agricoli biologici) alla pensilina del Sacrario al presidente della Provincia Alessandro Romoli. Dei 51 terreni definiti idonei, 21 si trovano nel Viterbese. La Provincia pensa che, qualora alla base vi fossero solide motivazioni tecniche, l’istanza di ricorso potrebbe anche avere abbastanza chance di essere accolta dai giudici. In questo senso, assumerebbero un ruolo fondamentale le osservazioni sollevate dai 16 geologi viterbesi che, in una lettera, hanno affermato che “le carte utilizzate da Sogin” sarebbero “datate, vecchie”. E che quindi gli studi effettuati sarebbero di conseguenza “superficiali”. Per questo, data la complessità della materia, la Provincia potrebbe affidarsi anche a un avvocato esterno esperto di amministrativo e ambientale.
Qui Matera: allo studio un ricorso
Un incontro con i vertici della Sogin per capire come mai, di fronte alle numerose osservazioni presentate dalle due Province lucane e dai comuni interessati, numerose aree della Basilicata siano state ritenute idonee ad ospitare il deposito nazionale delle scorie nucleari. Lo ha richiesto il presidente dell’Upi Unione Province Basilicata e della Provincia di Matera, Piero Marrese, non escludendo azioni legali contro la decisione di includere nella carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare la pattumiera nucleare di ben 14 luoghi della regione, vale a dire Matera e Genzano di Lucania (5 aree a testa), Montalbano Jonico e Bernalda (2 a testa), Montescaglioso e Irsina.
Il video del consiglio comunale di Trino Vercellese https://www.youtube.com/watch?v=w4Hb...