Crisi nigeriana e tangenti, lo sciopero contro la vendita Saipem
Per i sindacati lo sciopero è riuscito. Il punto sull’inchiesta tangenti: la sentenza il 19 febbraio
Riuscitissimo lo sciopero alla Saipem, società partecipata del gruppo Eni e leader mondiale nel settore dei servizi per l'industria petrolifera, con circa 7.500 addetti in Italia, occupati nelle sedi di San Donato Milanese, Fano, Roma, Vibo Valentia, Ravenna e in Sardegna. La mobilitazione indetta da Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil si era resa necessaria a fronte delle dichiarazioni di Eni su una possibile cessione e conseguente acquisizione di soggetti esteri, senza alcuna sicurezza e garanzia per i lavoratori e il sistema industriale italiano. "Sbagliato - dice Emilio Miceli, segretario generale della Filctem-Cgil - mettere sul mercato una delle maggiori società nel settore della perforazione, da sempre un valore aggiunto sia per competitività che per offerta globale integrata del gruppo Eni. La lotta proseguirà se non ci sarà un intervento chiarificatore da parte del Governo”.
Molte incertezze derivano dalla vicenda nigeriana, dove l’Eni e la Saipem sono nella bufera insieme ad altre compagnie con l’accusa di avere pagato tangenti. Sul fronte dell’inchiesta, la sentenza di secondo grado sarà emessa il 19 febbraio. Lo hanno stabilito i giudici della seconda sezione penale della Corte d'appello di Milano, al termine dell'arringa dell'avvocato Angelo Giarda, difensore della società.
La procura generale di Milano ha chiesto di confermare in appello la condanna di primo grado nei confronti di Saipem, nel processo sul presunto pagamento di tangenti in Nigeria. Al termine della requisitoria, davanti i giudici della seconda sezione penale della Corte d'appello di Milano, il pm Sergio Spadaro ha chiesto di confermare la multa da 600mila euro e la confisca di 24,5 milioni di euro. Saipem è imputata in virtù della legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti, in relazione al reato di corruzione internazionale che era contestato a ex manager Sanmprogetti (società poi confluita in Saipem - gruppo Eni), dichiarato nel frattempo prescritto nei confronti degli imputati persone fisiche. La sentenza di primo grado era stata emessa dalla quarta sezione del tribunale di Milano l'11 luglio 2013.
In primo grado il tribunale aveva concesso uno sconto di un terzo applicando alla società le attenuanti generiche. La somma, di cui è stata disposta con la sentenza del luglio 2013 la confisca, era stata già versata nel febbraio 2011 da Snamprogetti Netherlands (società del gruppo).
Secondo la ricostruzione dei pm - accolta sostanzialmente dal tribunale - per dieci anni, dal 1994 al 2004, il consorzio Tskj, di cui facevano parte Snamprogetti Netherlands BV (società controllata da Eni, confluita in Saipem) con una quota del 25%, gli americani di Halliburton, i francesi di Technip e i giapponesi di Jgc, avrebbe pagato 180 milioni di dollari in tangenti a politici e funzionari della Nigeria in cambio degli appalti per la costruzione di impianti di liquefazione del gas a Bonny Island, nel sud del Paese africano, un progetto da 6 miliardi di dollari.
Saipem “va assolta perché non può essere condannata per fatti relativi a una società che le è totalmente estranea, ovvero Snamprogetti Netherlads Bv”, ha detto l'avvocato difensore Angelo Giarda, secondo il quale il reato di corruzione internazionale contestato, che comunque non sarebbe stato commesso, “è in ogni caso stra-prescritto e quindi Saipem ha diritto alla restituzione della somma confiscata”.