Usa. Finito il bando all’export, dal Texas partono le petroliere cariche
Effetto fracking. Dopo 40 anni gli Stati Uniti ricominciano a esportare greggio. Le navi verso l’Europa. Russia e Nigeria non frenano
Con la grande quantità di greggio e di gas estratti dallo shale oil e shale gas mediante la tecnologia del fracking, gli Usa hanno smesso di importare energia e ora cominciano a esportare petrolio. I prezzi attuali del greggio sono un effetto di questa sovrabbondanza. Con la legge di bilancio approvata negli Stati Uniti lo scorso dicembre, è stato rimosso anche il bando alle esportazioni di petrolio che era in vigore da quarant'anni.
Ora, riporta il Wall Street Journal, i primi effetti si cominciano già a vedere: dal Texas sono partite le prime navi cisterna, che porteranno petrolio in Europa.
NuStar Energy, prima a iniziare le esportazioni, ha fatto sapere che potrà far partire fino a 400.000 barili al giorno dagli scali portuali già esistenti e di avere già avviato il processo per potenziare la capacità di carico in Texas di più del 40% a 575.000 barili al giorno. La ConocoPhillips, che ha estratto il greggio esportato da NuStar, prevede che gli Stati Uniti potranno contare su un’esportazione di 2 milioni di barili di petrolio al giorno entro i prossimi cinque anni.
Nel frattempo la Russia non prevede di ridurre le esportazioni di petrolio nel 2016, afferma da Mosca il ministro dell'Energia Aleksandr Novak, citato dalla Tass. Secondo diversi media russi, il monopolista della distribuzione del greggio Transneft ha ricevuto meno richieste di esportazione dalle compagnie petrolifere (-6,3% rispetto al 2015) e questo, per diversi esperti, potrebbe spiegarsi con un calo della produzione del greggio.
Anche la Nigeria annuncia che non ha intenzione di ridurre la produzione petrolifera, nonostante subisca una forte penalizzazione per i bassi prezzi del petrolio sul mercato.