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Il contenzioso del paesaggio. Così l’ambientalismo si spacca sugli impianti

where Roma when Mer, 06/03/2024 who roberto

La Legambiente: ogni tanto il ministro dovrebbe parlare di rinnovabili. Insorgono Italia Nostra, Amici della Terra e altre associazioni: “Quella della Legambiente è una narrazione miope della realtà”

Nuovo atto nella guerra che opponepanoramaorvieto.jpg le ong ambientaliste: da un lato i “paesaggisti” come Italia Nostra, Amici della Terra e altri che considerano gli impianti rinnovabili (sostenuti dall’altro fronte) una forma di deturpamento dei territori. Dall’altra quelli che promuovono la transizione energetica sostenibile. Il grande ecologismo storico non si era mai diviso finché gli impianti per produrre energia rinnovabile – un’energia per sua natura dispersa e che esige quindi impianti ad alta visibilità – non erano molto diffusi. Con le politiche di promozione delle fonti rinnovabili, gli impianti sono sempre più comuni e generano spesso forme di opposizione delle comunità alla modifica del paesaggio in cui si identificano. Così si trovano ora su due fronti contrapposti le due anime nobili dell’ambientalismo, da una parte la Legambiente e il Wwf, i quali promuovono la transizione verso forme più sostenibili di energia, e dall’altra le associazioni di tutela paesaggistica, come Italia Nostra e Amici della Terra, i quali si oppongono alla diffusione di impianti fortemente visibili.
 
L’accusa di Legambiente
La nuova schermaglia riguarda Legambiente, che avrebbe attaccato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano: “Il ministro ogni tanto dovrebbe parlare di rinnovabili, sarebbe bene che desse un suo contributo al dibattito sul futuro energetico del Paese. E invece, da quando si è insediato, non lo ha mai fatto: ora non ha più nemmeno l’imbarazzo di un sottosegretario come Vittorio Sgarbi”.
 
La replica
Immediata la replica con un comunicato congiunto firmato da Italia Nostra, Altritalia Ambiente, Altura, Amici della Terra, Centro Parchi Internazionale, Comitato Nazionale del Paesaggio, Emergenza Cultura, GrIG, AssoTuscania, Mountain Wilderness, Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli e Rete della Resistenza dei Crinali: “Ogni Ministro della Cultura degli ultimi vent’anni è stato attaccato dalle lobby delle rinnovabili e, benché non si contino i decreti semplificazioni varati dai vari governi per limitare le tutele e depotenziare le Soprintendenze, ancora non basta. Le soprintendenze stanno strette a Legambiente. Per bocca del suo presidente si chiede un ulteriore deregolamentazione sui mega impianti eolici e fotovoltaici. Una narrazione miope della realtà, che piega la complessità del territorio italiano alla visione semplicistica e alle soluzioni elementari dell’estremismo verde e ambientale. Il tutto a discapito del consumo di suolo, della devastazione paesaggistica, dei danni creati all’ambiente e in particolare all’avifauna e, non ultimo, all’agricoltura, dal momento che le multinazionali offrono rendimenti fino a 4 volte superiori ai contadini per ogni ettaro di terreno sottratto alla produzione di cibo e sacrificato alla produzione energetica”.
 
La narrazione inquietante
Una narrazione, dicono i paesaggisti, che volutamente tace un particolare inquietante, eppure, evidente a tutti: gli impianti di produzione di energia rinnovabili vengono installati quasi esclusivamente nelle aree a scarsa densità antropica, dove più sano e vigoroso è l’ecosistema, riducendo drasticamente la capacità di rigenerazione della biosfera. Proprio quello che non si dovrebbe fare per contrastare i cambiamenti climatici. Innumerevoli i casi in cui per realizzare un impianto eolico si devono abbattere ettari di alberi perfettamente sani mentre, sul versante fotovoltaico, il gigantismo degli impianti voluti dalle multinazionali energetiche sterilizza distese di campi agricoli produttivi.
 
A fianco delle sovrintende
Pertanto, le associazioni firmatarie auspicano che il ministro della Cultura “non si faccia distrarre dalla solita litania rinnovabilista” ma tenga duro e non consenta ulteriori deroghe e devastazioni paesaggistiche che renderebbero il Belpaese solo vuota propaganda. Anzi, riconoscendo il ruolo essenziale delle Soprintendenze, ne integri il personale, sotto organico da troppi anni.
 
La questione toscana
Sulla questione paesaggio interviene anche la Regione Toscana. “Sul tema dei campi solari ed eolici condivido le preoccupazioni di Coldiretti e voglio ringraziare la sua presidente Letizia Cesani per la serietà con cui le ha poste. Da parte nostra, lo abbiamo fatto presente in tutti i luoghi e in tutte le sedi di discussione, ma il Governo è rimasto sordo alle nostre proposte”. Così Monia Monni, assessora regionale all’ambiente, risponde all’allarme di Coldiretti Toscana sulla possibile proliferazione nelle campagne toscane di pannelli fotovoltaici e pale eoliche al posto di campi coltivati e pascoli. “Il punto – sottolinea Monni - è programmare e governare una conversione ecologica che sia anche giusta, che sappia stare in equilibrio con il paesaggio e che non eserciti concorrenza nei confronti dell’agricoltura, perché soprattutto di fronte ai cambiamenti climatici che rendono ancora più duro trarre reddito dalla terra, è facile cedere alla tentazione del profitto derivante dall’installazione di campi solari ed eolici, ma certamente non è sostenibile uno sviluppo che non tiene conto della necessità di garantire la sicurezza alimentare. Come non è pienamente sostenibile una conversione che poggia su atteggiamenti predatori, che concentrano la produzione in mano a pochi grandi player che spesso non lasciano niente ai territori e alle comunità”.
 “Il punto è governare queste trasformazioni - conclude Monia Monni - e per farlo servono strumenti legislativi e amministrativi adeguati. Abbiamo chiesto al Governo di fornirci un obiettivo di produzione da fonti rinnovabili da installare, lasciando che siano le Regioni, assieme ai Comuni, a valutare la qualità progettuale e a decidere dove farlo. Ma il Governo non ci ha ascoltato, scegliendo la strada più accentratrice e meno condivisa: si è arrogata decisione di identificare le aree idonee, senza peraltro averle ancora rese note, generando quindi un vuoto di competenze e strumenti che spiana la strada ad avventurieri e speculatori. Non solo questo provocherà danni al territorio, ma diffonderà una percezione ostile nei confronti della conversione ecologica, che potrebbe mettere seriamente in discussione gli obiettivi da raggiungere”.

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