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Le interviste di e-gazette - Codognola (Itelyum): la qualità deve essere alla base dei prodotti rigenerati

where Milano when Ven, 12/11/2021 who roberto

Sostenibilità, finanza e tecnologia sono le tre parole chiave per l’impresa del futuro: lo dice l’amministratore delegato

Itelyum, società leader nella produzionecodognolajpg.jpeg di basi lubrificanti rigenerate, specializzata nel riciclo e nella valorizzazione dei rifiuti industriali complessi, con i suoi 25 impianti dà lavoro a oltre 850 persone. È leader tecnologico e di mercato nella maggior parte delle aree di nicchia in cui opera: rigenerazione degli oli usati, purificazione dei solventi, gestione e riciclo dei rifiuti industriali. Un settore che avrà un impulso ancora maggiore con l’introduzione del provvedimento sui cosiddetti CAM, i criteri ambientali minimi, che recepisce la direttiva europea anche nel trasporto su strada, e contiene una serie di criteri premianti che valorizzano i veicoli realizzati con materiali bio-based e utilizzano carburanti sostenibili e oli lubrificanti rigenerati.  Abbiamo incontrato l’ad Marco Codognola (nella foto) che ci ha parlato delle tre parole chiave per l’impresa del futuro: sostenibilità, finanza e tecnologia.

Partiamo dalla scelta del nome
Itelyum è un nome di fantasia, che unisce foneticamente la parola "Italia", paese d’origine di tutte queste aziende, alla lingua latina, che nel campo del brand richiama alla serietà e all'etica. Serietà ed etica che sono temi centrali per noi, perché il gruppo da sempre mette la tecnologia, la competenza chimica e la competenza analitica al centro del proprio mestiere.

Le diverse realtà industriali del gruppo hanno un background comune?
Tre anni fa abbiamo deciso dare un nome comune alle diverse realtà industriali che ci compongono, ciascuna con la propria identità e con la propria storia (tra le altre Viscolube Bitolea, SAM, Centro Risorse, De Luca Servizi e Ambiente; Ecoausilia, Innovazione Chimica, Keoma, Recoil, Rimondi Paolo, Aeco, Area, Ecoserve, Neda Ambiente e Sepi Ambiente, ndr). Pur provenendo da esperienze diverse, la radice comune è quella della rigenerazione degli oli esausti con tecnologie molto avanzate, che richiedono processi industriali complessi, in condizioni di lavoro estreme, ad alte temperature e pressione, o con l'uso di idrogeno per la pulizia dei rifiuti.  In questi ultimi tre anni siamo cresciuti e con nuove acquisizioni abbiamo completato la nostra copertura geografica, che oggi vede presenze importanti nel nord, buone al centro, e - da luglio dello scorso anno - anche nel Sud Italia con una realtà molto importante in Puglia. Oggi il Gruppo dà lavoro a 850 persone e ha un fatturato di circa 450 milioni.

Pensate di aprirvi ad altre filiere?
Sì: in effetti, il nostro disegno industriale ha lo scopo di replicare questo approccio al rifiuto in molti altri settori. Ad esempio, ci siamo occupati di solventi che provengono dall'industria farmaceutica e che richiedono processi di purificazione spinta per poter tornare nello stesso mercato. 
Stesso discorso per le acque industriali, molto pesanti. Applicando tecnologie chimiche per la loro depurazione siamo in grado di scaricarle nel corpo idrico superficiale rispettando le tabelle. La nostra filosofia ci porta oggi a studiare altre filiere di rifiuti (le plastiche e i fanghi, ad esempio) sempre con l'obiettivo di massimizzare le opzioni di riciclo. 

Nel frattempo, vi siete rifinanziati con il “green bond”. Come siete arrivati a questa decisione?
Il bond è stato una necessità prima ancora che un'opportunità. La necessità era quella di rifinanziare il Gruppo, che aveva un debito bancario relativamente moderato, dopo la cessione di una quota di minoranza (30%) al fondo di Private Equity tedesco Deutsche Beteiligungs AG ("DBAG"). Invece di ricorrere al finanziamento bancario, si è scelto lo strumento del PSG Linked Bond, un'obbligazione legata a obiettivi di sostenibilità che noi ci siamo dati e che dovremo mantenere nei prossimi cinque anni. L'obbligazione, che prevede una cedola del 4,625% e una scadenza di 5 anni, ha avuto un ottimo riscontro di mercato. Anche il management della società ha fatto un investimento significativo nell'operazione. 

L'efficacia del bond è legata al raggiungimento degli obiettivi ESG. Cosa succederebbe, se non li raggiungeste?
Ci sarebbe un incremento del tasso: per ogni obiettivo che non venisse raggiunto c'è uno step up di 30 punti base. Lo stimolo a raggiungere gli obiettivi è sicuramente un incentivo importante perché, se così non fosse, spenderemmo di più in interessi agli investitori i quali - ne sono certo -  preferiscono guadagnare un po’ meno scommettendo in una società in crescita. Credo sia un percorso obbligato affinché mercato finanziario e sostenibilità lavorino assieme.

È dei giorni scorsi l'entrata dell'olio rigenerato nei criteri minimi ambientali del settore trasporti. Quale sarà l'impatto sul vostro business?
I criteri ambientali minimi, entrati in vigore a fine ottobre, richiedono due elementi fondamentali: la metrica e la certificazione, che noi facciamo da parecchi anni. Abbiamo iniziato alcuni anni fa con Remade, schema di certificazione volontaria simile all'etichetta che trova sul frigorifero: indica la classe energetica, quanta energia si risparmia con questo prodotto rispetto al prodotto vergine, quanta CO2 in meno si emette con questo prodotto rispetto al prodotto vergine e quanta materia rigenerata c'è rispetto a un prodotto vergine. Questi sono indicatori fondamentali, che noi certifichiamo da anni sui nostri prodotti appunto con Remade, che è uno schema di certificazione previsto nei CAM. Primi in Europa, ancora una volta - mi permetto di dire - perché nel settore degli oli e in questo specifico della certificazione ci siamo mossi per primi e oggi non abbiamo competitor.

Avete fatto delle stime sul tempo che ci impiegheranno i CAM per far sì che si crei un circolo virtuoso?
Io credo che la pubblica amministrazione sia molto più sensibile di una volta a questi temi, e che l'implementazione dei CAM sia una un'attività che gli organi di controllo dovranno mettere in agenda al pari di altre attività. Da parte nostra, faremo tutta l'attività di informazione e di formazione necessaria perché questo avvenga, però alla base di tutto deve rimanere una questione fondamentale: la qualità.

E cosa devono fare le imprese per raggiungere questo obiettivo?
I prodotti rigenerati hanno bisogno di normativa, e io benedico l'arrivo dei CAM al cui sviluppo abbiamo attivamente partecipato. Alla base deve però esserci la volontà dell'impresa a fare prodotti di qualità, quindi di investire in tecnologia ed essere consapevole che realizzare un prodotto rigenerato implica una responsabilità maggiore che produrre un prodotto vergine. È un impegno nei confronti dei consumatori, una sorta di patto, perché loro compreranno un prodotto anche in virtù di caratteristiche qualitative e di sicurezza adeguate. Per questo, nel nostro settore sono fondamentali tanto la tecnologia quanto la serietà degli operatori: e da questo punto di vista noi ci sentiamo attrezzati per affrontare ogni sfida che ci troveremo davanti, sia in termini di evoluzione del prodotto che di mantenimento della qualità.

 

 

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